giovedì 15 dicembre 2011

Voci di biblioteca

martedì 15 novembre 2011 15.59

"Allora, com'è andata la tua prima settimana qui?"
"Be', piuttosto bene direi!"
"Era come te l'aspettavi?"
"Sì, penso di sì."
"E giù ai prestiti, col pubblico, ti sei trovata bene? Ti piace di più?"
" Mah, ti dirò, mi piace di più stare qui di sopra."
"...Ah sì? A fare ricollocazione, e tutto?"
"Sì!"
" ..."
" ...perché? È strano?"

https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwkUHiJu3zFe3pV5r9ryGZ8H6bwiIqtPT4aQzIjjqrdgBaT3dkOfMVBzNBOGMNyNuTFR8Lj0UR3TEVQQ2XvO9Mqe5gHv2K00iaMltpMQygXNWjdRVc7PJq3qIGON_SufF-C6ZGJTsoF2Ex/

Piccole soddisfazioni

sabato 22 ottobre 2011 0.13
http://i7.photobucket.com/albums/y262/PirataLaura/fine.jpg

CATS

mercoledì 9 novembre 2011 17.05
A costo di dire un'eresia, Cats non è stato proprio quel che mi aspettavo. Splendido a livello di costumi e originalissime le coreografie, però probabilmente mi aspettavo di più da quello che è uno dei musical più famosi di tutti i tempi e dagli incassi più alti in tutto il mondo.
Mi è piaciuto, però di solito da un musical mi aspetto che sia divertente o molto coinvolgente: Cats è uno spettacolo molto lungo, ma i numeri memorabili, o i pezzi così accattivanti che ti ritrovi a canticchiare ininterrottamente dopo sono... pochissimi. Anche la trama è molto fumosa, ma di questo ho capito il perché quando, in seguito, ho letto che il musical è basato sul libro Old Possum's Book of Practical Cats, che non è altro che una raccolta di poesie con protagonisti i gatti, che Thomas Stearns Eliot scriveva per i suoi nipotini: sotto quest'ottica, ovvero vedendo tutto il musical non come una storia vera e propria, ma piuttosto una raccolta variopinta di singoli episodi ciascuno con un gatto diverso come protagonista, sono arrivata ad apprezzarlo di più.
Insomma, è bello: ma di certo è un musical molto atipico. Non so se lo riguarderei tutto da capo e non penso che andrei a vederlo dal vivo: troppo lungo. Ma mi sono perdutamente innamorata dei costumi, e alcuni pezzi valgono veramente la pena.
Per esempio, l'entrata in scena di Rum Tum Tugger mi ha fatta morire dal ridere: è come vedere David Bowie in versione gattesca! (per quanto le mie preferenze vadano a Munkustrap...)

Fan Art

sabato 3 settembre 2011 17.03
Ieri sono stata contattata da una ragazza su DeviantArt: senza che io le avessi chiesto niente, e senza esserci mai messe in contatto prima d'ora, mi ha regalato una fan art. Un disegno ispirato all'ultimo capitolo di una delle mie fanfiction. Una fan art su qualcosa che ho scritto io.
Inutile dire che sono rimasta basita, onorata e piacevolmente sorpresa.
Era già successo un'altra volta, quando Daniela mi ha dedicato uno splendido schizzo ispirato alla mia protagonista, anche se non ne aveva mai letto la storia. (Poi, su mia richiesta, ha sfornato un'altra sua personalissima versione della mia Laura Evans.)
Stavolta, invece, la sorpresa è arrivata assolutamente dal nulla, da parte di qualcuno che semplicemente ha letto quello che scrivo e lo ha apprezzato abbastanza da volere dare vita ai miei personaggi, o ad un momento particolare che io ho inventato.
Credo che non ci sia gratificazione più grande, per una scrittrice, di quella che si prova quando ti rendi conto che sei riuscita a fare amare a qualcuno le storie e i personaggi che ami tu.
Quando il tuo mondo inventato non è più semplicemente il tuo.
E pensare che si tratta solo di una semplice fanfiction: una storia in cui metto il cuore e l'inventiva, ma le cui basi sono state gettate da altri. Lo scorso mese mi si è scaldato il cuore con i commenti entusiasti di una mia cara amica, che ha letto tutta la mia saga piratesca a tempo di record, e il solo vederla così appassionata da qualcosa che ho scritto io è bastato a ridarmi la voglia di scrivere. Non solo per me, stavolta. Ma per lei, e per chiunque io sia riuscita ad emozionare anche solo un pochino, anche solo una volta, con una storia scritta da me.
È un rito di passaggio: è il momento in cui le tue storie diventano anche le storie degli altri, e non c'è cosa più bella. Anche se si tratta solo di fanfiction, è un onore enorme e un grande, grandissimo traguardo.

Il primo disegno che mi è stato dedicato contiene uno spoiler piuttosto grosso sugli ultimi capitoli finora pubblicati (anche se... ehehe, sorpresa!), però oggi me ne ha dedicato un altro ancora.

Musica e Parole

sabato 9 luglio 2011 13.54

Scrivere con la musica non è da tutti.
Io di solito non lo faccio: mi distraggo già troppo facilmente di mio, e la musica di solito contribuisce soltanto a provocarmi ondate di pensieri e ricordi, che entrano invitabilmente in conflitto con le parole che cerco di mettere ordinatamente su carta. A volte invece ne ho semplicemente voglia, mi ispira, e di colpo conciliare scrittura e musica non è più un'impresa.
Spesso sono le colonne sonore: è più facile, senza parole altrui a distogliere la mia mente da quello che voglio dire. Altre volte, più raramente (ma devo essere davvero nel giusto stato d'animo) trovo le canzoni perfette.
È un attimo particolare, un collegamento casualmente funzionante: se altre volte sentire qualcosa di sottofondo mi farebbe solo bloccare il flusso delle parole, qualche volta le due cose si amalgamano perfettamente, e testo e canzone scorrono tranquille senza darsi alcun fastidio.
Mi capita più spesso con le fanfiction: nella saga piratesca di Caribbean Tales ho inserito più e più volte vere e proprie canzoni, i chantey pirateschi dell'epoca, proprio perché mi piace immaginare ciò che scrivo come se fosse la scena di un film che mi vedo scorrere davanti agli occhi. Vedo le inquadrature, i primi piani, i paesaggi, i cambi di scena tra diversi personaggi, e proprio per questo mi piace sentire anche la colonna sonora: molto spesso mentre scrivo ascolto a ripetizione una canzone che i personaggi sentono in sottofondo proprio lì, in quel preciso momento, e ascoltare quello che ascoltano loro mi aiuta a rendere la cosa tridimensionale, viva.
Altre volte cerco di replicare le sensazioni che mi ha dato una certa canzone: un intero capitolo chiave del mio libro fantasy è stato scritto ispirandomi ad una canzone di un album meraviglioso che si chiama The Human Equation. Quando i miei capitoli avevano ancora un titolo per ciascuno, quello si chiamava infatti Dolore. E vi assicuro che avere quella musica nelle orecchie è stato fondamentale per potermi concentrare su parole come "We lead/We hide as the pain leaves the rage inside/Being here, welcomed by/a sane mind/A travelled lie/All the time, I have waited with rage/All the time, I was promised my salvation"
In questi casi uso la musica per cercare di trasmettere sensazioni profonde, nel caso delle canzoni delle fanfiction, invece, la uso per immergermi nell'atmosfera e per creare una sorta di legame fisico, quasi tangibile, tra me e le scene che sto scrivendo.
Tanto per divertirmi, quindi, vi lascio con la colonna sonora che accompagna la scrittura di stamattina!
 
 

Sono o non sono... Capitan Uncino!

lunedì 20 giugno 2011 20.07
   http://29.media.tumblr.com/tumblr_l13r2uEd111qbvqlqo1_400.jpg
È risaputo che sono un'amante dei cattivi.
Di recente, però, una serie di curiose coincidenze mi ha fatto riscoprire sotto una luce del tutto nuova un particolare cattivo: capitan Uncino. Ora, a dirla tutta, non ho mai amato molto Peter Pan: mi piace il modo in cui James Matthew Barrie celebra il potere della fantasia e dei bambini, ma niente di più. L'ultimo film di Peter Pan lo vidi, credo, nel 2003 una sola volta al cinema, e non mi lasciò tanto impressionata... salvo una cosa. Salvo capitan Uncino. Però finì tutto lì: apprezzai l'idea, ma poi dimenticai il film, che mi aveva lasciata piuttosto fredda.
E adesso, invece, l'ho ripescato e riguardato solo per lui: per Uncino. A parte il fatto che lo interpreta un pregevolissimo Jason Isaacs e che mi si sono accesi gli ormoni da un bel po' e non trovo più il tasto per spegnerli... A parte questo, la seconda visione del film è stata quella che mi ha riconfermato una certezza: ovvero che sto definitivamente, da sempre, dalla parte dei Pirati. Dalla parte di Uncino.
Non parlo proprio dell'Uncino che Barrie intendeva come cattivo e nemico dell'infazia per eccellenza, o quello di Bennato per il quale "per scuotere la gente/ non bastano i discorsi/ ci vogliono le bombe!". Parlo dell'Uncino che ho visto io. Questo Uncino è ossessionato da Peter Pan, succube di una rabbia e di un odio che non ha eguali: e credo che tutto il suo odio non sia altro che... paura del tempo. Peter Pan gli ha tagliato una mano, e con con quel gesto gli ha ricordato il suo essere mortale: da quel momento il coccodrillo lo segue sempre con il suo infernale ticchettio, condannandolo. Un Uncino che odia Pan perché la sua perenne infanzia, allegria e vitalità lo stanno uccidendo lentamente, torturandolo con una felicità e una spensieratezza che a lui sono negate.
Mi piace molto di più Uncino, che Peter Pan. Peter è davvero "incompleto" come lo definisce giustamente il capitano: lui non crescerà mai, non invecchierà, non avrà mai una crescita interiore, né la possibilità di amare in modo adulto. Tutto questo lui lo ha scelto, e non torna indietro. Wendy lo ama, ma il suo è il gesto di chi amerà per sempre i propri sogni di bambina, pur accettando la crescita, i cambiamenti, le responsabilità. Wendy è un personaggio completo, Peter no. Peter è un archetipo, e quello resterà.
Per aprire una parentesi, una delle cose che non mi erano piaciute nel film era tutta l'esasperatissima tensione erotica tra Peter e Wendy; cosa che stride ancora di più quando ci si scontra col fatto che il romanticismo, tra loro, non può avere nessuno sbocco. Perché? Perché Peter è bloccato. È emotivamente incompleto, e al contrario di Wendy lo resterà. Se poi contiamo che capitan Uncino è lo stesso attore che interpreta il padre di Wendy, posso tirare fuori tutte le teorie freudiane che voglio... ^^
Uncino capisce tutto il peso della realtà: quello della propria solitudine, quello del tempo. La sua unica consolazione, ormai, è quella di sapere che Peter è solo quanto lui; per questo sembra più interessato a distruggere quello che ama, piuttosto che ucciderlo quando ne ha l'occasione. Non si sa cosa speri di ottenere una volta uccisa la sua nemesi: a Trilly dice che "morto Pan, saranno entrambi liberi". Forse liberi dallo spaventoso spauracchio del tempo che passa.
Insomma, dopo che già diverse volte un capitan Jack Sparrow è comparso ad indicarmi la strada, stavolta a richiamare la mia attenzione è stato un Capitan Uncino, che col suo uncino di ferro batte significativamente sul quadrante di un orologio che ticchetta inesorabile.
Essere dei Peter Pan non deve mai diventare un peso, come un'Isola che Non C'è non deve diventare una gabbia dorata dentro cui murarsi vivi. Il mondo fuori fa una paura boia, e il semplice rifiuto della realtà e delle responsabilità non ti aiuta a combattere.
Volere fermare il tempo o tornare indietro non lo fa rallentare. Limitarsi a sognare non realizza i sogni.
E qualche volta ci vuole davvero un presunto cattivo per insegnarti ad armarsi di spada e respingere le sciabolate della realtà.
Il coccodrillo non si ferma, e non aspetta nessuno.

White and Nerdy

lunedì 13 giugno 2011 0.12

Mi piace leggere, il cinema, i fumetti e i fumettisti, scrivere fanfiction, i videogiochi e i loro personaggi, i cartoni animati con tutte le loro canzoni, i fantasy, i pirati, Star Wars, i giochi di ruolo da tavolo, dal vivo e via internet, Dungeons & Dragons, i dadi da 20, il cosplay, il disegno, le tavole illustrate, i cofanetti di dvd, l'oggettistica steampunk, DeviantArt, guardare i Griffin e The Big Bang Theory in streaming, le maratone film, le master replica, le spade in lattice, le spade vere, e preferisco ballare quando qualcuno suona musica folk. Fiera, fierissima di essere nerd. O forse una dork.

http://www.allthesinglegirlfriends.com/wp-content/uploads/2011/03/Nerd_Dork_Geek_Venn_Diagram.jpg

Goodnight, demon slayer

martedì 7 giugno 2011 17.07

Ecco un altro dei miei numerosi innamoramenti artistici, che questa volta mi ha stupita con una canzone talmente bella da commuovermi. La ninna nanna che ho sempre sognato e che dedico a tutti: proprio a tutti.

There's a monster that lives neath your bed
Oh for crying out loud it's a futon on the floor
He must be flat as a board
There's a creature that lurks behind the door
Though I've checked there 15 times
When I leave then he arrives
Every night


Tell the monster that lives neath your bed
To go somewhere else instead
Or you'll kick him in the head
Tell the creature that lurks behind the door
If he knows what's good he won't come here anymore
Cause you'll kick in his butt at the count of four


Goodnight demon slayer, goodnight
Now its time to close your tired eyes
There are devils to slay and dragons to ride
If they see you coming, hell they better hide
Goodnight, goodnight, goodnight
Goodnight my little slayer goodnight


Tell the monster that eats children, that you taste bad
And you're sure you'd be the worst that he's ever had
If he eats you, don't fret, just cut him open with an axe
Don't regret it, he deserved it, he's a cad


Tell the harpies that land on your bed post

That at the count of five you'll roast them alive
Tell the devil its time you gave him his due
He should go back to hell, he should shake in his shoes
Cause the mightiest, scariest, creature is you


Goodnight demon slayer, goodnight
Now its time to close your tired eyes
There are devils to slay and dragons to ride
If they see you coming, hell they better hide
Goodnight, goodnight, goodnight
Goodnight my little slayer goodnigh


I won't tell you, there's nothing neath your bed
I won't sell you, that it's all in your head

This world of ours is not as it seems
The monsters are real but not in your dreams
Learn what you can from the beasts you defeat,
you'll need it for some of the people you meet


Goodnight demon slayer, goodnight
Now its time to close your tired eyes
There are devils to slay and dragons to ride
If they see you coming, hell they better hide


Goodnight, goodnight, goodnight
Goodnight my little slayer goodnight
Goodnight, goodnight, goodnight
Goodnight

On Stranger Tides

giovedì 19 maggio 2011 12.29
 
Era il 2003, precisamente il 10 settembre, il giorno del compleanno della mia migliore amica di sempre. Io avevo tredici anni. In quel periodo, la mia vita era piombata in uno di quei buchi di depressione e solitudine che purtroppo avevo imparato a conoscere bene: non avevo che un paio di vere amiche, nella mia classe c'era chi fingeva di volermi bene solo per il gusto di sfoggiarmi come uno strano e sciocco animaletto da compagnia.
Quel giorno incontrai un capitano che tracciò una rotta per me, e quella rotta mi portò più lontano di quanto avessi mai potuto immaginare... finii veramente "su coste sconosciute". On stranger tides.
E su quelle coste sconosciute, trovai tutto.
Trovai la passione per qualcosa che mi faceva andare avanti e mi rendeva coraggiosa e orgogliosa. Ritrovai la voglia di ridere, di scherzare e soprattutto di inventare. Trovai le amicizie. Trovai i mondi inesplorati delle fanfiction, del cosplay, conobbi più persone di quante ne avessi mai conosciute.
E mi innamorai. Del capitano. Perdutamente e per sempre.
Ci sono momenti in cui mi rendo conto di essere cresciuta e, in questo caso, mi sono accorta di essere cresciuta con i Pirati, e che anche loro sono cresciuti con me. L'attesa di un quarto film, non l'ho mai negato, è stato piuttosto traumatica: non lo volevo, avrei preferito che la storia si fermasse e ci lasciassero liberi di sognare, avevo paura che incatenassero il mio capitano o lo snaturassero ancora, come era già successo nei seguiti. Tuttavia, quando ho comprato i biglietti per il cinema, ho provato dentro di me un'antica gioia e un senso di attesa che non provavo da tempo. Ero felice di rivederlo. Felice di andargli incontro mentre la sua ultima avventura sbarcava proprio nel giorno del mio compleanno.
Ebbene, prima di passare ad una recensione seria e ponderata (sè, mi piacerebbe), ne voglio fare una sentimentale. E dico che questo quarto film mi è piaciuto, ma soprattutto mi è piaciuto Jack: è questo che è, una nuova avventura del capitano Jack Sparrow, e niente di più. Ed è perfetto così, perché mi sono vista comparire davanti agli occhi il mio capitano di sempre, l'ho ritrovato in ogni parola, in ogni gesto e in ogni sguardo, e davanti a tutto questo non ho potuto fare altro se non ridere di cuore e offrirgli il mio più caloroso "Bentornato".

  Da qui in poi, immaginatevi un branco di sirene che canta a squarciagola: "Spoiler, spoiler, spoiler, spoiler, spoilerspoilerspoiler SPOILER SPOILEEEEEEEEEEEEEEERRR!

Ebbene.
Devo tentare di raccogliere qualche pensiero con un minimo di filo logico.
La cosa più sconcertante è stata verificare che mi è piaciuto, quando non ho fatto che temere che il film fosse una boiata. Non la era. Meno epico degli altri due seguiti, ma anche molto meno pieno di casute di stile: mi ha ricordato moltissimo i film di Indiana Jones, e alla fine è di questo che si tratta; un film classico di avventura autoconclusivo, come era il primo. E mi è piaciuto così. E avete notato che era zeppo di somiglianze con il primo? La vera differenza è questa: ha lo stile del primo film, lo stile di un'avventura classica, a ritmo incalzante, autoconclusiva. È un bene, a parer mio. Di certo c'è meno coinvolgimento emotivo che nella trilogia, meno epicità: questo accade perché la storia ruota attorno a Jack e ai pochi comprimari, non ci sono più grandi storie intrecciate o personaggi che si evolvono, come invece accadeva per esempio con Will ed Elizabeth, di cui ho sentito un po' la mancanza. Ma era giusto così: la loro storia è finita, e questa non è stata altro che una nuova avventura dal gusto completamente diverso.
Ma partiamo dal piatto forte... Jack.
Jack Sparrow. Capitan Jack Sparrow ritornato in tutto il suo splendore. Ok, forse non proprio tutto: il nuovo ciondolo sulla bandana lascia un po' a desiderare, così come le ciocchine rasta sbiadite, ma... sorvoliamo!
Jack è Jack. È terribilmente sè stesso dall'inizio alla fine, e non me lo hanno snaturato o portato all'eccesso come succedeva nel secondo film. La parte che mi è piaciuta di più è stato proprio l'inizio: l'intera scena a Londra è fantastica, e Jack non ci fa la figura del pupazzo rimbalzante, ma di un pirata fuggiasco coi controcoglioni, divertente e geniale come l'abbiamo sempre conosciuto. Sollievo immaneh.

Per elencare a caldo invece i lati negativi, direi:
- La lentezza. Due ore e venti sono davvero lunghette, e purtroppo la trama incentrata soltanto su un pugno di personaggi ha diversi punti morti.
- Nessun personaggio memorabile. Di belli abbiamo giusto Angelica e Barbanera, che però viene poco approfondito, ed è un peccato. Gli spagnoli? Macchiette che passano sullo sfondo. Gli inglesi? Pure. Il frate Philip e la Serena Sirena (Serena la Sirena, sua Sirena Serenissima... ok, la pianto coi giochi di parole tristi, ma hanno cominciato loro) sono oltremodo noiosi e scontati: così scontati che il film non si dà nemmeno la pena di mostrarci che fine fanno. La verità è che hanno dovuto inserire una coppietta romantica, perché tra Jack e Angelica di vero romanticismo ce n'è davvero poco!
- Barbanera e i suoi arcani poteri. È un personaggio fantastico e non ci viene spiegato niente. NIENTE! Da dove derivano i suoi poteri? Qual è la sua storia? Ma soprattutto: hanno inserito gli zombie perché faceva figo annunciarli nel trailer? A conti fatti gli "zombie" fanno la loro comparsata tre volte in croce, si sa che sono brutti e cattivi e duri a morire, ma niente di più. Fine. Si saranno accorti troppo tardi che li avevano già largamente usati nel primo.
L'apparizione di papà Teague è stata una chicca: come un'ombra protettrice, e mi è piaciuto vedere lui e Jack insieme ancora per qualche momento. Speravo durasse di più, e invece sparisce nel nulla... anche se questo non fa che aumentarne il carattere misterioso, e accresce la mia stima per lui!
Barbossa... è stata un po' una pena vederlo con la gamba di legno; mi rovinava il personaggio così come lo avevo stimato ed ammirato. Tuttavia, si è riconfermato indubbiamente sè stesso, e mi è piaciuto: non ho potuto non apprezzare molto il suo ritorno al timone della Queen Anne! Finalmente ha trovato la nave che gli spetta!
E... ho sentito seriamente un colpo al cuore quando ha detto che la Perla era affondata. Ero sconvolta: temevo la prima enorme boiata del film, e invece è stato uno spettacolo quando hanno mostrato la Perla sana e salva in bottiglia, perché ho perso ogni controllo e ho cominciato a squittire: "LA BIMBA! LA BIMBA! HANNO SALVATO LA BIMBA! E' Lì DENTRO!!!"
Angelica non mi è dispiaciuta: è un personaggio di carattere e Penelope è stata molto brava a darle vita. Non rientra esattamente nei canoni dei miei preferiti, è un po' troppo, come dire... impostata per i miei gusti.
E poi, sorpresa delle sorprese, non mi ha troppo infastidita il suo rapporto con Jack. Un'altra prova di quanto io stessa sia cresciuta, e così anche il mio rapporto con il capitano: non è il legame di una fangirl con il suo idolo, ma ormai è diventato qualcosa di più sotterraneo e profondo. Prima ho detto che il loro rapporto era molto più basato sull'attrazione che non sul romanticismo, ed è palese: e quello che viene fuori non è male, anche perché è esattamente da Jack.
Però ho tirato un sospiro di sollievo (e una grassissima risata) nella scena finale dove, sebbene dopo un "anch'io ti amo" che non si sa se sia per davvero o per ripicca, Jack non si fa scrupoli ad abbandonare la bella Angelica con un tranquillo: "...e ora ti saluto!"
Un sospiro di sollievo sia per soddisfazione personale (quella c'è sempre), che per coerenza: fino all'ultimo ho avuto il terrore che trasformassero Jack nell'eroe disneyano, quello che mette la testa a posto per l'unico amore della sua vita. Invece no. Non Jack. Jack resta fedele a sè stesso: Angelica è certamente una delle persone a cui tutto sommato tiene, come aveva dimostrato in modo più sottile anche con Elizabeth, ma non si piega alla "storia d'amore".
E, posso dirlo? Grazie. Grazie, perché è vero che tutte noi che andiamo al cinema siamo donne normali, che sposeremo/convivremo/divideremo il talamo con il bravo ragazzo che ci ama davvero e che tiene a noi... proprio per questo motivo, almeno il pirata lasciatecelo libero. Non lo vogliamo bravo ragazzo, lo vogliamo così com'è. Non lo vogliamo vedere sistemato, lo vogliamo disponibile per tutte. È un ideale, un archetipo, quindi lasciatecelo stare.
A proposito di lui, noto che lo hanno improvvisamente "sessualizzato" molto, pur senza esagerare, cosa che lo rende più realistico e coerente. Negli ultimi film, forse proprio perché il target a cui sono diretti ondeggia tra la fascia dei giovani e quella dei bambini, spesso e volentieri era un personaggio molto "castrato" sotto quel punto di vista, ed era già tanto se flirtava più o meno apertamente con Elizabeth. Adesso... be', dico solo che ho cominciato a ridere (e non solo... ) con la scena della signora in carrozza!
Invece devo dire che un po' la mancanza di Elizabeth e Will l'ho sentita: la storia era l'avventura di Jack, quindi loro non c'entravano, però ho sentito nostaglia per dei personaggi interessanti come loro, sempre tornando al discorso della mancanza di personaggi memorabili.
Belle scene d'azione, dialoghi e battute fulminanti molto divertenti, begli scenari: niente più che un bel film di avventura, e direi proprio che probabilmente era il meglio che si potesse chiedere. Per il momento è tutto, anche se di certo mi verrà in mente qualcos'altro di cui sproloquiare per pagine e pagine.

Dico solo che ieri, quando sono tornata a casa, sentivo così forte la presenza di Jack che non mi sarei stupita di trovarmelo davanti in carne e ossa appena rientrata in casa.
E' stato bellissimo rivederti, capitano.

C'est Notre Dame

mercoledì 18 maggio 2011 11.28
   
http://www.lachiacchiera.it/wp-content/uploads/2011/05/notre-dame-de-paris-2011.JPG
Mi sto sforzando di scrivere questa recensione con un po' di lucidità, ma mi sento come un peso sulla spalla che mi distrae continuamente... ah, mi sembrava. Naturalmente è il Capitano che mi si è appollaiato a mo' di pappagallo, e mi ricorda che oggi alle 16:30, precisamente nella sala 7, avrò ben altra recensione a cui pensare.
Il suo modo di farmi gli auguri di compleanno. Che carino. *spina dorsale che scricchiola sinistramente*
Allora allora, Notre Dame. Notre Dame de Paris. Ci tenevo moltissimo a vederlo dal vivo almeno una volta: non importava che non ci fosse il cast originale (quello che mi persi a Parma circa tre anni fa), confidavo nel nuovo cast ed ero sicura che ne sarebbe valsa la pena. Responso. Non mi sbagliavo. Neanche un po'.
La serata inizia con me che sfreccio in bicicletta per le vie del centro canticchiando: "I couldn't be happier/Just couldn't be happier/Because happy is what happens/When all your dreams come true!" (vediamo che la coglie), all'entrata del teatro sfoggio fieramente il mio regalo di compleanno anticipato (muchas gracias a chi di dovere, tutti quanti): subito mi mandano in uno dei palchi in secondo ordine; mi sporgo sul palco, mi guardo in giro eccitatissima, finisco in un loop di "Chebellochebellochebello!". Poco dopo però la maschera mi richiama e si scusa dicendo che mi ha mandata nel palco sbagliato, così che vengo dirottata due piani più sopra, in quarto ordine. Un po' titubante mi affaccio, chiedendomi se vedrò qualcosa con il palco così lontano... e appena verifico che ci vedo riparte indisturbato il loop dei "chebellochebellochebello". Dico solo che mi sono emozionata quando ho visto il muro. Uno dei muri semoventi che fanno parte della classica scenografia di Notre Dame. Ebbene sì, ammetto che una delle prime cose che mi ha mandata in visbilio prima ancora che iniziasse lo spettacolo è stato... il muro.
Con me si è seduta una coppia di anziani simpatici appassionati di musical: una volta sistemati e aggrappati al davanzale del palco come bertucce su un ramo (se guardavo la platea invece del palco rischiavo le vertigini, tanto mi stavo sporgendo), le luci si abbassano e lo spettacolo comincia. Mi sono venuti gli occhi lucidi quando ho sentito l'overture, ma niente di più: per fortuna non mi ha fatto lo stesso effetto di quando vidi Les Miserables (a casa mia in dvd) per il quale l'unica descrizione possibile sarebbe "fontana di Trevi".
E insomma, finalmente ho visto Notre Dame dal vivo, e posso dire che gli interpreti sono stati perfino più bravi di quanto mi aspettassi: da quello che ho visto era un cast di gente giovane, e se la sono cavata tutti molto bene. Gli unici su cui ho avuto qualche dubbio sono stati Febo all'inizio, anche se si è ripreso benissimo andando avanti, e Frollo, che pur avendo una bella voce non ci dava molto carattere, salvo qualche bella eccezione nei pezzi da solista. Molto bravo (e pregevole di aspetto...) Gringoire, bravi Quasimodo ed Esmeralda, brava e con una bella voce potente Fiordaliso, bravissimo e incazzoso Clopin. Una parentesi su Esmeralda: l'originale, Lola Ponce, è indubbiamente brava, però ha il grosso difetto di avere un accento straniero molto marcato sia quando canta che quando recita. Inoltre, spesso ho la sensazione che molti cantanti stranieri, quando cantano in italiano, non abbiano idea di cosa stanno dicendo. Quindi è stato un sollievo sentire qualcuno che diceva: "Ma che cosa vi ho mai fatto/perché voi mi odiate tanto?" con un po' più di calore di "Scendo un attimo a comprare le micchette per il pranzo".
Un altro bellissimo momento è stato durante l'Ave Maria pagana: quando Esmeralda ha detto: "Ave Maria/io amo un uomo", io ho guardato Quasimodo che se ne stava accucciato in un angolo, quasi fuori dalla vista del pubblico. E lì è stato semplicemente perfetto: il cambio di espressione, lo sguardo addolorato, tutto fatto in silenzio, immobile, quasi senza farsi notare. Stupendo.
I ballerini, poi, sono stati semplicemente stupefacenti: è valsa la pena di stare per due ore a spenzolarsi da un palco solo per vedere dal vivo pezzi come la festa dei folli, la corte dei miracoli, il val d'amore o il pezzo delle campane, dove io avrei avuto seriamente paura a ballare con sopra la testa una campana enorme, legata ad una sottile catena, con un ballerino a cavalcioni che la faceva dondolare come un matto. Una curiosità, invece: la scelta di fare interagire i ballerini con grida e risate durante le coreografie di gruppo. In alcuni pezzi ci stava, in altri quasi distraeva dalla musica principale: ci stava e non ci stava, insomma. Poi, a meno che non mi sbagli di grosso, mi è sembrato che alcuni pezzi corali fossero in playback. Ma non mi stupirebbe, viste che razza di acrobazie erano impegnati a fare i ballerini: dubito che avrebbero potuto anche cantare nel frattempo!
Uno spettacolo che valeva la pena vedere. Ho visto realizzare uno dopo l'altro i miei pezzi preferiti, e non ne sono rimasta delusa. Durante la pausa ho occhieggiato insistentemente i posti della prima fila vergognosamente e indiscutibilmente VUOTI, e avevo quasi pensato di tentare la sorte e imboscarmi da clandestina in uno di quei sedili... però, anche se ad un certo punto le maschere mi avessero notata e mi avessero semplicemente chiesto di tornare al mio posto, avrei rischiato di perdermi parte dello spettacolo nel tragitto, e non ne valeva la pena.
È stato un bel modo di compiere 21 anni, come mi sono detta quando sono tornata a casa, allo scoccare della mezzanotte. E adesso, la mia spina dorsale sta decisamente cedendo, ma Jack sembra divertirsi un sacco a tenermi sotto tortura. È lunga, fino al pomeriggio...

Tira per l'iniziativa!

domenica 8 maggio 2011 15.34

http://fc07.deviantart.net/fs71/i/2011/128/1/b/8__05__2011_by_captainlaura-d3fuip0.jpg
Do you want me to show up for duty and
serve this woman and honor her beauty and
finally you have found something perfect and
finally you have found yourself


All I want is for you to be happy and
take this moment to make you my family and
finally you have found someone perfect and
finally you have found
yourself

(Red Hot Chili Peppers - Hard To Concentrate)

Caro il mio detective...

martedì 3 maggio 2011 16.03
http://i7.photobucket.com/albums/y262/PirataLaura/33526_104785379577906_100001393339741_38195_1909112_n.jpg?t=1304424124   
...vi capisco perfettamente!

"Sono miserie che si commentano da sole."

lunedì 21 marzo 2011 15.38

    Art. 11.

    L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

The Libertine

venerdì 18 febbraio 2011 11.46
   
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Rochester: Ho bisogno di commuovermi, non provo niente nella vita, ho bisogno che altri lo facciano per me, qui a teatro.
Elizabeth Barry: Dicono che siete un uomo con un certo appetito per la vita.
Rochester: Io sono il cinico della nostra epoca dorata. Questo munifico piatto che il nostro grande Carlo e il nostro grande Dio hanno entrambi, in equivalente misura, posto davanti a noi, mi irrita pesantemente. La vita non ha scopo: si svolge ovunque arbitrariamente, faccio questo e non importa un'acca se faccio l'esatto opposto. Ma a teatro ogni azione, buona o cattiva, ha le sue conseguenze. Lasciate cadere un fazzoletto ed esso tornerà per uccidervi. Il teatro è la mia droga e la mia malattia in uno stato talmente avanzato che la cura deve essere della migliore qualità.

Ecco cosa invidio a voi del teatro, fate sembrare che il tempo sia tanto importante. "Devo andare a cambiarmi d'abito, ORA!" "Devo entrare in scena, ORA!" Ma la vita non è un susseguirsi urgente di "Ora!"... è un infinito sgocciolare di "Perché dovrei?"

(The Libertine)

Wicked Lovely (o, della sorella più furba di Bella Swan)

venerdì 4 febbraio 2011 12.01  
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Ho detto di volermi rilassare un po' la mente dopo Stephen King? Eccomi accontentata. Allora, fra tutti i (troppi) libri ad ambientazione pseudo urban-fantasy riversatisi nelle librerie sull'onda di Twilight, devo dire che Wicked Lovely non mi aveva fatto una cattiva impressione: a vederlo e a leggerne la quarta di copertina mi dava l'idea di un libro carino, forse anche un buon libro, arrivato sugli scaffali più in vista delle librerie grazie al vento favorevole che tutt'ora spira per i romanzi fantastico/adolescenziali.
Ebbene, mi è capitato tra le mani qualche giorno fa e giusto ieri ho finito di leggerlo. Non c'è da sorprendersi: è un libro che si legge in un battibaleno. Forse fin troppo rapidamente. Togliamo il "forse", và.
Com'è leggere un romanzo appartenente al filone urban-fantasy romantico? Vediamola così. Leggere Stephen King è stato come sbafarsi da soli un pasto completo: ti rimpinzi, ti delizi, fai quasi indigestione. A volte ti capitano dei bocconi amari, o delle pietanze dal sapore fin troppo forte, o troppo piccante, che ti fanno lacrimare gli occhi e sentire male alla testa. Chiudi il libro con la sensazione di aver mangiato a quattro palmenti.
Se vogliamo evitare il confronto impari con un autore come King, allora scendiamo ad altri autori che mi sono sempre piaciuti: Scarlett Thomas, Juliet Marillier. Nei loro libri le "pietanze" sono tante, e c'è tanta roba tra cui scegliere: assaggi, assapori, e finisci il libro che hai mangiato un po' di tutto. Sazio.
Wicked Lovely, come Twilight, è una merendina. Uno snack. Te lo sgranocchi quando hai bisogno di un tappabuchi e un po' di zuccheri.
Il paragone non vuole essere una critica nè una nota negativa, assolutamente. Perfino io aspiro a scrivere libri che riescano ad essere almeno una merendina, almeno un piacevole passatempo, per i lettori: è il minimo che si possa pretendere, come scrittori.
Innanzitutto c'è da dire una cosa, su questo libro: pur cavalcando il successo di Twilight, non parla di vampiri/lupi mannari/altre creature diversamente vive/maledette/dannate, ecc. Parla del Piccolo Popolo; il popolo fatato.
Una cosa veramente piacevole da notare durante la lettura è che l'autrice, Melissa Marr, si è davvero documentata sull'argomento, e anche piuttosto bene: il mondo invisibile del popolo fatato e le creature che lo abitano sono decisamente affascinanti, e si lascia capire che ci sarebbe ancora tanto da raccontare su di loro. Purtroppo, nonostante tutto, il libro tiene le distanze. Non ci si addentra, non si esplora, non si conosce niente di più di quanto ci serve per conoscere e capire i personaggi principali.
Gli unici personaggi a cui riusciamo ad associare un volto e una personalità sono molto limitati: Aislinn, la nostra protagonista, dotata della seconda vista e quindi della capacità di vedere le creature invisibili ad occhi umani; Seth, il suo migliore amico; Keenan, creatura fatata e Re dell'Estate; Donia, la Ragazza dell'Inverno, ombra fedele e innamorata disperata di Keenan. L'unico altro personaggio di spicco è Beira, regina dell'Inverno, unica antagonista: abbastanza originale e di carattere per essere ricordata, non abbastanza per essere considerata una "brava" cattiva. Tutti gli altri, il popolo fatato, le guardie del corpo di Keenan, le streghe, la nonna di Aislinn, le sue (presunte) amiche, non sono che nomi sulla pagina. Stranamente, per un bel pezzo ho continuato a pensare che avrei visto benissimo la storia come un manga: la stessa focalizzazione assoluta sui pochi personaggi principali, su certe scene chiave, e poco spazio per lo sfondo.
Credo che il problema di WL sia di avere delle belle idee e delle trovate originali, ma di non avere abbastanza carattere per valorizzarle. Il popolo fatato c'è, ma resta sullo sfondo. Ci sarebbe la vita normale di Aislinn, ma non vediamo quasi niente eccetto la casa di Seth e qualche flash della scuola. Le amiche di Aislinn sono stereotipate fino all'eccesso: le classiche amiche di scuola frivole e stupide, le quali, a parte qualche battuta del tutto fuori luogo, non scambiano con Aislinn neanche mezza chiacchierata. L'unico essere umano con cui Aislinn ha un dialogo nel vero senso della parola, per tutto il libro, è soltanto Seth. Ma allora che cosa ci stanno a fare tutti gli altri? Sfondo. Come tutto il resto.
I dialoghi, poi, sono spesso di una piattezza e di una vaghezza sconcertante: spesso non capisci neanche dove gli stessi personaggi vogliano andare a parare.

(...)"Fai male. Quegli esseri sono..." Aislinn scosse di nuovo la testa: Seth ci scherzava sopra. Senza volerlo ripensò a Keenan. Arrossendo, balbettò: "Sono orrendi. Quasi tutti."
"Non tutti, però." disse Seth con un filo di voce, senza sorridere più.
"Quasi tutti..." Fissò di nuovo i tre esseri lì fuori e non avendo il coraggio di guardare Seth gli disse: "Non tutti, però. No." (...)


(...)"Se non ci fossi stata tu..."
"Come?" Quando Donia si volse verso di lei distogliendo lo sguardo dalle creature appena entrare, un'espressione dolente le era apparsa sul viso.
"Prima, se non ci fossi stata tu..."
"C'ero, però." Sorrise, ma nel suo sguardo si era insinuato un velo di inquietitudine, che la faceva apparire in tensione, desiderosa di andarsene.
"Sì. Devo andare a cercare il mio... qualcuno." (...)


Bip. Bip. Bip. Questo è il suono della mia attenzione che si aspettava di essere catturata da qualcosa durante il dialogo.
Non parliamo poi della meravigliosa dialettica, della raffinatezza, maturità e classe delle altre ragazze umane di sesso femminile...

(...) "Certo, ma sono dei cretini con un fisico megagalattico. Se non hai intenzione di fare niente con Seth" aggiunse con aria maliziosa, "una ragazza ha le sue esigenze, no? Pensaci."(...)
 

"Avevo sentito dire che era appetitoso, ma..." Rianne si portò una mano al petto come se facesse fatica a respirare mentre indirizzava una lunga occhiata alla volta di Keenan. "Qui ho la sensazione che si stia parlando di un bocconcino di prim'ordine."
"Se lo dici tu." Aislinn arrossì. (...)
Rianne si avvicinò a Keenan e lo squadrò come se fosse un quarto di bue. "Tu potresti scoprirlo."
Carla gli posò una mano su un braccio. "Non morde."
 

(...)"Sindrome premestruale." esclamò Rianne. Poi posò la mano su quella di Keenan e aggiunse: "Non farci caso, tesoro. Ti aiuteremo noi a lavorarle ai fianchi."

Amiche sceme, assatanate, fini come cammelli e pure stronze. Ma certo, le amiche umane non possono essere altro se non vili ragazzette svenevoli. Come queste siano potute diventare amiche di Aislinn quando è chiaro che anche lei non le sopporta è un mistero. E insomma, facciamolo un po' vedere quanto fa schifo il banale mondo umano in confronto allo scintillante popolo fatato, se no non c'è nemmeno un po' di pathos in tutta 'sta storia!
In più, i capitoli hanno il brutto vizio di essere terribilmente lenti fino ad una buona metà del libro, durante la quale i personaggi non fanno che interagire tra loro ripetendo a non finire le stesse cose. Tutta la trama ruota attorno al fatto che Aislinn potrebbe (o NON potrebbe) essere la Regina dell'Estate di cui Keenan ha bisogno per diventare Re dell'Estate a tutti gli effetti, per riacquistare in pieno i propri poteri e spodestare così la sua malvagia madre Invernale. Il problema è che suddetto Keenan deve conquistare Aislinn, la quale non è così propensa come altre giovincelle letterarie a cedere alle lusinghe del primo essere soprannaturale che le si presenta, ma è invece piuttosto presa dal suo umanissimo Seth e molto poco propensa a cambiare idea. Un punto a suo favore.
Fatto sta che più di metà libro (più di metà libro!) non fa che girare attorno al fatto che Keenan deve conquistare Aislinn, che Keenan non riesce a conquistare Aislinn, che Keenan deve riuscire assolutamente a conquistare Aislinn, che i cattivi non vogliono che Keenan riesca a conquistare Aislinn, che è di vitale importanza che Keenan riesca a conquistare Aislinn, che Keenan non ha alcun possibilità di conquistare Aislinn, che Keenan dovrà fare di tutto per conquistare Aislinn... Siete già crollati? Su, su, svegli, c'è una trama da portare a termine!
Fra i personaggi lasciati in disparte c'è la nonna di Aislinn, la donna che l'ha accudita fin dall'infanzia, l'unica persona a possedere la seconda vista oltre a lei, colei che le ha insegnato tutto quello che sa sul popolo fatato, cosa fare e come difendersi. Questa arzilla vecchietta viene sempre nominata di sfuggita e mai approfondita. C'è una parte importante dove si racconta parte del suo passato e si parla di Moira, sua figlia e madre di Aislinn, ma l'episodio rimane scarno e isolato, e non se ne parla mai più in seguito. E' piuttosto evidente che questo libro sia fatto per avere un seguito, ma fin troppe cose vengono lasciate in ombra, dimenticate o menzionate di sfuggita.

Non si spiega nemmeno come [SPOILER!!!] Donia riesca ad evitare di morire, nel finale. Sì, le streghe dicono di avere "finalmente trovato un essere in grado di sopravvivere al bacio dell'inverno", ma cosa le ha permesso di sopravvivere? Come ha fatto? Perché è lei l'essere in grado di sopravvivere? Non ci è dato saperlo... o almeno, in questo libro nessuno se ne preoccupa. [FINE SPOILER]

Alcune cose, poi, non tornano: Aislinn si comporta in modo decisamente troppo ingenuo per essere una che convive da tutta la vita con la capacità di vedere le fate. Se per tutta la vita non hai fatto altro che vedere il popolo fatato attorno a te e hai imparato tutti i trucchi per depistarlo e per non attirare l'attenzione, la volta che capiti nel bel mezzo di un festino fatato (ed Aislinn ha il vantaggio di vedere tutti quanti, anche se vorrebbero essere invisibili agli occhi umani) non ti fermi neanche un attimo a pensare che magari non è proprio il caso di ballare con loro e bere il loro vino?! Da una che è stata addestrata fin dalla nascita alle usanze del popolo fatato, una precauzione del genere mi sembra non solo banale, ma basilare.
Una delle cose positive di questo libro, che lo rende probabilmente migliore della saga della Meyer e di molta altra sbobba adolescenziale, è che i personaggi sono trattati con più cura, e la situazione sentimentale tra di loro riesce ad avere anche un guizzo di originalità. Aislinn non è passiva e non si piega alle richieste del suo corteggiatore indesiderato: è sensibile al fascino sovrannaturale di Keenan, ma per una volta vediamo finalmente una ragazza in grado di pensare con la propria testa e di volgere la situazione a suo vantaggio, che agli altri piaccia o no. E qui ci sta un bell'alleluia. Seth è un personaggio interessante: mi ha sorpresa perché è una figura maschile molto dolce e tuttavia realistica, umana e quasi familiare. Non è il cavaliere che proteggerà la sua donzella da ogni male, ma è l'ancora a cui aggrapparsi quando le cose andranno male. Una buona nota positiva anche questa. Donia è un personaggio triste ed orgoglioso, dotata di buon senso e l'unica veramente e sinceramente innamorata di Keenan. Suddetto Keenan è, a conti fatti, il personaggio peggiore, e ci fa una ben misera figura rispetto a tutti gli altri messi insieme. Sì, un altro punto a favore per non aver preferito esaltare il magggico corteggiatore soprannaturale.
A conti fatti, Wicked Lovely ha le sue ragioni per meritare la fetta di discreto successo che si è guadagnato all'interno del filone urban-fantasy adolescenziale, perché è oggettivamente meglio dei classici prodotti propri di quel filone. Leggerei anche il secondo libro? Purtroppo non credo, perché nonostante tutto il libro mi ha lasciato ben poco gusto in bocca e, conclusa la storia, non mi ha fatto venire voglia di scoprire altro.
Adesso non mi resta che stare a vedere che cosa arriverà come prossima portata.

Le notti di Salem

sabato 29 gennaio 2011 19.34
  http://img2.libreriauniversitaria.it/BIT/247/9788820042479g.jpg
Ultimamente, un po' per caso un po' per curiosità, mi sono buttata sui libri di Stephen King... e tutto si può dire meno che ne sia rimasta delusa.
Anticipo che quello di King non è "il mio genere", nel senso che non è il tipo di libri che mi piace legegre di solito: tuttavia, finora ho letto IT e Le notti di Salem, ed entrambi si sono lasciati divorare a velocità supersonica. Sì, perché la scrittura di King acchiappa, ipnotizza, seduce, ti tiene letteralmente gli occhi incollati alla pagina, e questo è senz'altro un bene.
Ma ora, Le notti di Salem. 'Salem's Lot.
Una prima considerazione: è più "leggero" di romanzi come IT, molto più semplice e lineare come storia, più concentrato ed incisivo e molto, molto meno morboso. (Dite quel che volete, per essere un ottimo libro è un ottimo libro, ma ciò non toglie che sia quello che è. Un gigantesco mindfuck!) I lettori dallo stomaco debole siano avvisati, comunque: la crudeltà è sempre presente, anche -e a volte soprattutto- verso i bambini. Una crudeltà diversa da quella presente in IT; qualche volta una crudeltà che non proviene nemmeno dal nemico soprannaturale ma, molto più banalmente, dalle persone di tutti i giorni.
Ecco, una delle cose curiose e piuttosto agghiaccianti di questo libro è proprio il modo in cui viene trattata la pura e semplice crudeltà: in modo asettico, freddo, totalmente imparziale. Non che non ci sia partecipazione, c'è eccome: c'è la TUA partecipazione di lettore che te ne stai dall'altra parte della pagina con lo stomaco aggrovigliato e il cuore in gola, sperando fino all'ultimo che quello che temi non succeda. E invece succede, e quel che è peggio è che le scene più terrificanti si svolgono lì sotto i tuoi occhi, con lo stesso freddo rigore di un intervento in una sala operatoria.
Bisogna leggerlo per capire che cosa si prova, e trovo che questo sia proprio uno dei punti di forza del libro. Non ci vengono mai date false speranze, ma la verità ci viene lentamente rivelata senza fretta e senza trame labirintiche: perfino uno dei personaggi principali, a metà libro, viene brutalmente eliminato prima ancora che ce ne possiamo rendere davvero conto.
Un altro lato positivo è che, se si comincia a leggere completamente ignari della trama, come ho fatto io, non c'è neanche bisogno che l'autore ci dica che tipo di creatura sia il nemico soprannaturale con cui andremo a scontrarci: gli indizi sono tutti sotto i nostri occhi, e da lettori lo indoviniamo quasi pigramente, senza nessuna forzatura. Quando i personaggi pronunciano per la prima volta il noome del mostro, noi lo abbiamo già capito da un pezzo.
Bella anche la caratterizzazione di un cattivo che sarebbe stato troppo facile fare cadere nei soliti stereotipi: abbiamo un cattivo estremamente astuto, che si fa tranquillamente beffe del gruppetto di eroi e che snobba con un certo stile il classico incontro finale, lasciandoci tutti con un bel palmo di naso (non sto spoilerando: l'incontro finale è molto meno "finale" di quanto si possa credere!). Forse il filo conduttore dell'intera vicenda è una sorta di triste senso di ineluttabilità: man mano che vai avanti con la storia, ti rendi conto che in realtà ne hai già letto la fine, e che quindi puoi anche indovinare con una certa sicurezza chi si salverà e chi no. Questo è allo stesso modo un pregio e un difetto: buono perché ti senti partecipe della tristezza e della desolazione delle ultime pagine, cattivo perché buona parte della pathos se ne va non appena hai rimesso insieme gli spezzoni di passato e presente letti in precedenza. In effetti questa cosa c'era anche in IT: lo scontro col mostro perde un bel po' di tensione se sai già per certo che tutti quanti gli eroi ne usciranno vivi...
E il finale... eh be', il finale lascia una certa soddisfazione.
Lo so, è un modo un po' vago di recensire un libro. Però descrivere le sensazioni che mi ha dato la lettura, per me, è da sempre il modo migliore di raccontare un libro: inoltre, è assolutamente necessario non fare troppi spoiler riguardo la trama o i personaggi, altrimenti si infrange tutta la tensione del libro, che come trama è veramente semplicissimo e si regge esclusivamente su quelli. Nient'altro da aggiungere, se non che non sono ancora riuscita a colmare un buco narrativo: non viene mai spiegato nei dettagli il passato di Casa Marsten, il perché dell'omicidio/suicidio che vi è stato compiuto in passato. Comunque.
E insomma, King è bravo, e c'è poco da dire: finora credo che sia l'unico scrittore che riesce veramente a farmi paura quando lo leggo. Il prossimo credo che sarà La Torre Nera, anche se di certo non subito... i libri di King hanno anche questo effetto collaterale: serve veramente un attimo di riposo mentale fra l'uno e l'altro!

Il blocco dello scrittore

mercoledì 19 gennaio 2011 17.34
    http://www.susanssecrets.co.uk/wp-content/upLoads/pages.jpg
Nel girone infernale riservato agli scrittori esistono diversi gradi di dannazione: il peggiore di tutti è l'ispirazione morta, idee zero, parole in secca, nemmeno un'immagine a stimolarti l'immaginazione. A questo livello, cercare di mettersi a scrivere è deleterio: non solo non ti verranno buone idee, ma ti deprimerai oltre ogni immaginazione e ti verrà voglia di appendere la penna (o il computer) al chiodo.
Io al momento mi trovo al livello appena sopra: il blocco dello scrittore. Le idee fluiscono libere, non ho problemi ad inventare scenari, immagini, dialoghi. Eppure... eppure è proprio l'atto creativo quello che non mi riesce.
E' come cercare di farsi strada attraverso una palude: conosco perfettamente il percorso da fare, ma quanto è difficile riuscire a muovere anche un solo passo!
L'ultima volta ho sconfitto il blocco mettendomi a scrivere a mano: ha funzionato molto bene, anche se poi però mi devo prendere la briga di ricopiare pazientemente al computer tutto quel che ho scritto. Deve essere una questione di metodo, perché finché ci penso tra me l'immaginazione non mi manca, mentre aspetto in posta scribacchio senza problemi sulla mia agendina tutto quello che deve succedere nei prossimi capitoli, gli eventi si dipanano davanti a me come una fila ordinata. Però, come mi metto davanti al computer e mi si apre davanti agli occhi quella pagina scritta per metà, come mi sforzo di dare un po' di vita a tutto quel bianco... puff, la creatività stacca la spina. Non è che mi spariscano le idee. Mi sparisce la voglia. Se in queste settimane sto scrivendo poco, è soltanto per briga.
E poi c'è da dire che scrivere al computer offre fin troppe distrazioni: una sbirciata su DeviantArt, un'occhiata su facebook (che diventano repentinamente due, tre, quattro, cinqueseisetteottonove), apri msn e guarda chi c'è, oh, guarda, un nuovo video su youtube... Sì, lo so: prima o poi mi comprerò un portatile solo per scrivere, rigorosamente senza connessione ad internet.
Purtroppo l'abitudine mi sta togliendo la voglia, e non va bene. Anche tornare a scrivere sul blog, di tanto in tanto, è terapeutico: mi aiuta a non perdere del tutto il contatto con la scrittura, anche durante i miei lunghi periodi di secca. Facebook sarà anche comodo per condividere rapidamente un po' di pensieri, ma mi abitua ad essere troppo sintetica. Devo recuperare.
In questi casi, l'unica cosa è autoimporsi un po' di disciplina e cominciare a scrivere. Quando le storie sono così chiare nella mia mente, è fin troppo facile illudersi che finiranno per scriversi da sole!

Do you hear the people sing?

venerdì 14 gennaio 2011 19.21

Scoprire nuovi musical sta diventando un'emozione tutta nuova ogni volta, e soltanto adesso mi rendo conto di quanti spettacoli meravigliosi mi sono persa fino ad adesso.
Si può dire che per me è cominciato tutto con la versione cinematografica di The Phantom of The Opera (anche se in effetti è cominciato ancora prima, con Jesus Christ Superstar e Aggiungi un Posto a Tavola), e pensavo che quello fosse il massimo, il non plus ultra. E' ancora uno dei miei musical preferiti in assoluto.
Poi però, grazie ad un prezioso dvd prestatomi da Matreh, scopro una cosa come Les Miserables.
Non era neanche la vera e propria opera teatrale, ma il concerto fatto in occasione del venticinquesimo anniversario... ma non importa. Curiosamente, io ho sempre delle reazioni fisiche ben precise alla musica: brividi, quando mi piace particolarmente. E, per Les Miserables, i brividi non sono mancati, anzi sono cominciati dalle prime note per restare durante tutta l'opera. E poi le lacrime. Sì, questo è uno di quei musical per il quale mi sono messa a piangere, e non mi capita spesso.
Sono convinta che sia per la mescolanza di parole e musica: il teatro stesso -ma il musical in particolare- è un altro mondo, un modo alternativo di raccontare una storia. Il musical ti tocca su due livelli: la musica e le parole.
La musica arriva dove le parole non bastano, e le parole dicono quello che la musica non può dire. Quando le due cose si fondono perfettamente, ecco, viene toccato il tasto, e da lì in poi quella che ti viene trasmessa è pura emozione. Quando la musica finisce e il sipario cala non sai dire nemmeno tu quale sia esattamente la parte che ti ha toccato a tal punto, sei solo consapevole dell'emozione che, per quel breve momento, hai provato come se fosse tua.
Ecco cosa intendono, quando parlano di magia del teatro. E io sono un'accanita sostenitrice della magia del musical.
C'è poco altro che posso dire a livello puramente tecnico: è uno spettacolo che va guardato, e basta. Bravissimi gli interpreti, anche i giovanissimi; ho amato particolarmente Jean Valjean, e solo con qualche minuto di ritardo ho riconosciuto un certo giovanotto di nome Ramin Karimloo, che interpretava un certo Fantasma in un altro musical che conosco di sfuggita... Straordinari i Thenardiér: ho notato che quasi in ogni spettacolo teatrale ci sono "loro": i buffoni, i grossolani, quelli che rubano la scena perfino ai protagonisti e sembrano riuscire ad occupare tutto il palco anche solo gesticolando. Quelli che magari non saranno le voci migliori sul palco, ma quando viene l'ora dei saluti sono quelli che si prendono più applausi di tutti. Grandissimi, davvero.
Toccante anche la scena dopo i saluti quando, a sorpresa, il vecchio cast del 1985 è salito sul palco insieme a tutti gli altri... e, dopo essersi presi gli applausi, hanno cantato a loro volta dimostrando che questi arzilli vecchietti hanno ancora delle signore voci!

Isabel

domenica 2 gennaio 2011 20.40

"Che cos'è un libro prima che qualcuno lo apra e lo legga?
Solo un insieme di fogli incollati da un lato... Sono i lettori a infondergli
un alito di vita. Nel migliore dei casi la letteratura cerca di dare voce

a chi non ce l'ha o a chi è stato messo a tacere, ma quando scrivo
mi impongo il compito di non rappresentare nessuno,di non trascendere,
di non dare un messaggio o spiegare i misteri dell'universo,
semplicemente cerco di raccontare, usando il tono di una conversazione intima.
Non ho risposte, solo domande, sempre le stesse domande che, come fantasmi,
mi assillano. La scrittura è un lavoro lento, silenzioso e solitario.
Ogni libro è un messaggio racchiuso in una
bottiglia e lanciato in mare; non so su quali spiagge approderà,
nè in quali mani cadrà. Scrivo alla cieca ed è sempre una stupenda
sorpresa ricevere lettere o abbracci da lettori entusiasti, significa che
qualcuno ha letto le mie pagine, che non le ha inghiottite il mare."
(Il mondo di Isabel Allende - a cura di Celia Correas Zapata)


Del resto, leggere che cos'è se non un modo di sentire quello che sentono gli altri?
Come scrivere non è che un modo per condividere quello che sentiamo. E' bello sentire qualcun altro che condivide la mia stessa convinzione, ovvero che la maggior parte delle volte uno scrittore non scrive perché ha delle risposte, ma proprio perché ha un mucchio di domande. Per questo spesso sono proprio le parole degli altri ad aiutarmi a trovare le mie.
Se devo essere sincera, di Isabel Allende non ho letto praticamente nulla: ricordo di avere letto La città delle bestie i primi anni di liceo; mi piacque, ma non abbastanza da convincermi a non lasciare perdere il secondo, che abbandonai dopo pochi capitoli perché semplicemente non mi interessava più.
Che cosa invece mi ha spinta a riscoprire questa scrittrice? La somma dei giorni, uno dei libri più belli scoperti in questo 2010 appena finito: non è un romanzo di fantasia nè una biografia, è solo una scatola dei ricordi. Racconti su racconti, la maggior parte dei quali sono talmente estremi o assurdi da sembrare inventati, ma non li sono. Almeno non del tutto.
Forse ad incuriosirmi è stata proprio la possibilità di scavare nella vita di questa autrice: una scrittrice che si presenta come una donna imprevedibile, estrema, viaggiatrice, completamente matta, suocera assillante e madre premurosa. I suoi viaggi, la sua famiglia, i suoi amori, le ricerche per i suoi libri, la sua passione per l'esoterismo e lo spiritismo. Un caleidoscopio di cose che mi hanno catturata, e la cosa più bella per me è stata proprio potere sbirciare la vita di questa scrittrice -la sua vera vita- e vedere come le esperienze che viviamo finiscano inevitabilmente in ciò che creiamo, nelle parole dei libri. L'ho "conosciuta" con La somma dei giorni e ora sto approfondendo la conoscenza con Il mondo di Isabel Allende, che so già che mi piacerà: forse adesso, dopo avere imparato così tante cose su di lei, sulla sua vita, dopo avere fatto la sua conoscenza in questo modo, potrò avvicinarmi ai suoi libri in modo totalmente diverso e probabilmente mi piaceranno di più proprio per questo.
Perché saprò da dove provengono.
http://www.sindromedistendhal.com/Libri/isabel-allende-la-somma-dei-giorni.jpg

E dopo gli auguri...

martedì 28 dicembre 2010 12.53
http://fc08.deviantart.net/fs70/i/2010/362/5/4/buon____by_captainlaura-d35u8rg.jpg

Il galateo ai tempi di facebook

mercoledì 8 dicembre 2010 15.58

Non è un mistero per nessuno che, per lungo tempo, io mi sia opposta a facebook.
L'ho bellamente ignorato per i primi anni, quando è scoppiata la moda ed era ancora una novità, e ho continuato ad ignorarlo per un bel pezzo: solo fra ottobre e novembre di quest'anno ho deciso di registrarmi, principalmente perché la maggior parte delle mie amiche (quelle che non vivono a Parma in particolare) avevano cominciato a scrivere soltanto lì invece che sui vecchi blog, e perché è indubbiamente un modo comodo di tenersi in contatto.
Sarò io che magari inconsciamente sono refrattaria ai mezzi di comunicazione: mi viene da pensare a quanto tempo ho passato senza sentire il bisogno di un cellulare, che ho comprato solo alla "veneranda età" di 16 anni mentre adesso è praticamente d'obbligo averlo in dotazione a 11. Per la cronaca, sto ancora usando il mio primo e unico cellulare. E' longevo, mica come quelle cacchette a schermo piatto che muoiono appena ti cascano per terra.
Tornando a facebook...
Personalmente, come sito lo trovo piuttosto brutto. La gestione dei messaggi è organizzata malissimo, la pubblicazione di interventi è limitatissima e poco chiara (ci ho messo un secolo a pubblicare un link con l'immagine che volevo io), è pieno di pubblicità (giusto, dopotutto, visto che vive su quella) e, ciliegina sulla torta, è chiarissimo quando si tratta di aggiungere/taggare/condividere/apprezzare/mostrare un elemento... ma peggio di un labirinto quando quello stesso elemento invece vorresti toglierlo. E' un social network fatto per condividere. E cacchio se lo fa; praticamente non puoi cliccare un video senza che lo stesso venga sparato sulla tua bacheca e aggiunto ai tuoi "Mi piace" con tanto di squilli di tromba. Ho dovuto eliminare tre volte un video finito per sbaglio nella mia bacheca: (un video che, tra l'altro, per poter guardare dovevi condividere e aggiungere automaticamente ai "Mi piace") una volta per eliminarlo dalla bacheca, una seconda volta per togliere il tag, e una terza volta per rimuoverlo definitivamente dall'elenco dei Mi Piace. Tenace, non c'è che dire.
E poi le pubblicità a lato della pagina: ho riso non so quante volte vedendo comparire prontamente il riquadro con scritto "Vorresti dimagrire?" e sotto l'immagine di una bella fetta di sacher grondante cioccolato.
Tuttavia, la cosa che tutt'ora trovo inquietante di facebook è il linguaggio.
"Facebook ti aiuta a tenerti in contatto con le persone della tua vita"
"Laura, altri amici ti stanno aspettando"
"Imposta le tue opzioni di privacy come pubbliche. Non precluderti nessuna possibilità di incontrare nuovi amici."
"Di' che ti piace questo elemento prima di tutti i tuoi amici"
"Trova nuovi amici. Loro (due amici random dalla tua lista) l'hanno fatto"
http://www.youtube.com/watch?v=oBaiKsYUdvg...
Pubblicità! Tutta pubblicità! Tutto costruito sul linguaggio ammaliatore della pubblicità!
Vieni invitato a rendere pubblico il tuo indirizzo, il tuo numero di telefono e i tuoi datori di lavoro. Condividi, mostra, fai vedere, di' che ci sei anche tu! Dillo a tutti! Fallo vedere a tutti! Non importa che cosa, l'importante è che si condivida! Non puoi non voler far parte della famiglia... *parte la musica del Padrino*
E' facile cadere nel tunnel: a tutti noi piace sapere, leggere, vedere che cosa fanno gli altri. E' perfettamente normale. Ma lasciarsi trascinare da un fiume subdolo come quello della pubblicità mi sembra una follia.
Facebook è utile.
E' comodo e utile per tenersi in contatto con le persone: verissimo. Se vuoi fare pubblicità a qualcosa, se vuoi che si veda, che si sappia, che se ne parli, mettila su facebook.
Però io resto della mia idea, ovvero che fb vada usato o per le cose importanti, o per le cazzate. No, non è una contraddizione: non c'è modo migliore di condividere carinerie o stupidaggini di internet come video, immagini, aforismi, ecc. Mentre, se mai riuscirò a pubblicare il mio libro, non ci sarà posto migliore per pubblicizzarlo se non una pagina di facebook.
Ma la mia pagina personale rimane quello che è: una pagina PERSONALE, e di certo non griderò ai quattro venti il mio indirizzo, il mio numero di telefono, il mio orientamento politico, religioso, sessuale, se sono single o se la mia è una relazione complicata, se cerco appuntamenti o amicizia. La mia pagina è per chi mi conosce, o per chi voglio che mi conosca: come il mio blog, dove esprimo quello che penso in modo molto più completo di quanto faccio su facebook.
E non accetto chiunque come amico. Adesso la gabola è questa: non puoi rifiutare, quando ti chiedono il contatto di facebook. Siamo compagni di università, aggiungimi agli amici. Ci siamo visti in fiera, dammi l'amicizia. Ma grandissima testa di minchia, se non ti aggiungo tra gli amici magari è perché NON siamo amici. Magari mi stai antipatico. Magari semplicemente non mi va che tu legga quello che scrivo io o i miei amici.
Invece no: se non metti come amici tutti quelli che conosci, allora sei strano.
Be', non me ne importa: facebook mi serve per tenermi in contatto con le persone con cui mi interessa restare in contatto, e sarà sempre così. Quindi non prendete una mancata amicizia su fb come un'offesa personale, specie se non ci conosciamo nemmeno. E cercatemi fuori da facebook, se veramente vi interessa. In parole povere; chiedere è lecito, ma rifiutare lo è altrettanto.
Da parte mia, ho verificato che fra tutte le persone che conosco, quelle con cui mi interessa dividere un'amicizia su facebook sono meno di una cinquantina.
E va benissimo così.

Invettiva di servizio

mercoledì 16 marzo 2011 13.27

A tutti coloro che creano e diffondono i virus...(fossero anche le compagnie di antivirus per vendere i loro prodotti)

Avanti, lento.

venerdì 12 novembre 2010 0.06

Ah-ehm...

Chi... Sei tu, Scrittura?

Direi di sì.

Come mai quel tono?

Era un pezzo che non ti facevi vedere, Laura.

...Questo dovrei dirlo io, sai?

Vorrei farti notare che non scrivevi decentemente da settimane. SETTIMANE, hai afferrato?

Lo so, lo so. E' solo che qualcosa non funzionava... e altre volte non funzionavo io. Ma stasera ho finito anche la terza fanfiction. Non è un evento da festeggiare? ^^

Mi sono accorta che ultimamente sto perdendo un po' il contatto con la parola scritta, e ciò non è bene. In parte, credo, deve essere dovuto al fatto che amo disegnare e sto sperimentando nuove forme per esprimermi: quella delle immagini e dei fumetti, qualcosa che mi permette di avere un approccio immediato, senza troppi giri di parole.
Il problema è che, normalmente, io AMO i giri di parole. Tendo sempre ad usare troppe parole per una sola frase o per un solo concetto. Purtroppo le parole vanno pari passo coi miei pensieri, e molte volte sono stata tentata di scrivere qualcosa sul mio nuovo blog tanto per liberarmi, per schiarirmi le idee, per mettere i miei pensieri uno in fila all'altro, chiusi nelle righe ordinate di un paragrafo di word, o anche solo per lo sfizio di sproloquiare... tuttavia, al momento, l'unica cosa che ne sarebbe uscita sarebbe stata un guazzabuglio di pensieri. Proprio quello che ne sta uscendo adesso.
Ho tanta, tantissima confusione in testa. Non sono tranquilla. Non sono per niente a mio agio. Mi mancano tante persone, e mi mancano tanto. E' anche per questo che, adesso, scrivere diventa semplicemente troppo faticoso: troppo complicato, per un cervello che per il momento ho regolato al minimo per evitare che esploda.
Ma stasera, finalmente, le cose sono cambiate e mi sono rimessa di buona lena lungo il mio sentiero preferito. Il mondo reale invece continua a rivelarsi deludente.

Quella strana sensazione

giovedì 4 novembre 2010 11.50

Come gather 'round people
Wherever you roam
And admit that the waters
Around you have grown
And accept it that soon
You'll be drenched to the bone.
If your time to you
Is worth savin'
Then you better start swimmin'
Or you'll sink like a stone
For the times they are a-changin'.

(Bob Dylan - The Times They Are A-changin' )

In vena di citazioni

martedì 2 novembre 2010 1.38

"(...)Oppure come quella zecca sull'albero, la cui vita non ha altro da offrire se non un continuo sopravvivere. La zecca piccola e brutta, che modella il suo corpo grigio-piombo come una palla, per offrire al mondo esterno la minima superficie possibile; che rende la sua pelle compatta e dura per non lasciar fuoriuscire nulla, per non lasciar traspirare nemmeno una minima parte di sé. La zecca che diventa piccolissima e insignificante, perché nessuno la veda e la calpesti. La zecca solitaria che, raccolta in sé, sta rannicchiata sul suo albero, cieca, sorda e muta e si limita a fiutare, a fiutare per anni, a distanza di miglia, il sangue di animali di passaggio che con le proprie forze non raggiungerà mai. La zecca potrebbe lasciarsi cadere. Potrebbe lasciarsi cadere a terra nel bosco, con le sue sei minuscole zampette potrebbe strisciare qua e là per un paio di millimetri e poi aspettare la morte sotto le foglie, non sarebbe una gran perdita per lei, Dio sa che non lo sarebbe. Ma la zecca, testarda, ostinata e ripugnante, sta rannicchiata e vive e aspetta. Aspetta, finché il caso estremamente improbabile le porta il sangue sotto forma di un animale direttamente sotto l'albero. E soltanto allora abbandona il suo ritegno, si lascia cadere, e si aggrappa e scava e si attacca con unghie e denti alla carne altrui..."

(Patrick Süskind - Il Profumo)