venerdì 30 novembre 2012

Del perché apprezzare Anne Rice

Post di un momento di buon umore, da leggere con simpatia, e fondato su basi strettamente NON collaudate. ^.^


Intanto perché è una nonnina arzilla e matta come un cavallo sotto steroidi.

Perché ha scritto sempre un sacco, continuamente e di qualsiasi cosa: non importa se di buona o di brutta qualità. (compreso qualche bel pornazzo come The Sleeping Beauty Trilogy sulla cui qualità non posso garantire non avendolo mai letto, ma che adesso a distanza di anni dalla prima pubblicazione sta avendo un'impennata di ristampe grazie al famigerato 50 Shades of Grey)

Perché ama le serie tivù, parla dei suoi personaggi come se fossero reali, ed è la tipica gattara che posta le foto e i video dei suoi gatti su facebook.

Perché, oltre a postare foto dei gatti, disquisisce sempre -e stavolta molto seriamente- di politica, teologia e archeologia.

Perché deve avere preso una botta in testa ed è stata per lungo tempo una cattolica di quelle invasate, ma poi ne ha presa un'altra ed è rinsavita.

Perché ha scritto di vampiri (e di molto altro) come nessuno aveva mai fatto prima, perché ha usato la scusa del sovrannaturale per parlare della "vita, l'universo, e tutto quanto" (e scusate se è poco) e perché è certo che abbia lasciato una traccia, poiché l'archetipo del vampiro "bello e tenebroso" lo dobbiamo a lei.
(Se sia questo un male o un bene, ai posteri l'ardua sentenza. Per me è un bene.)

Perché quando è tornata per breve tempo a New Orleans, si è chiesta se poteva restare lì guadagnandosi da vivere ballando il tip tap in strada, o mettere un banchetto in Jackson Square vendendo consigli letterari a un dollaro l'uno. (Quel che si dice spirito imprenditoriale.)

Perché dà sempre buoni consigli sullo scrivere, gratuitamente.

Perché, qualunque cosa le dicano, niente la ferma. Che la critichino o la lodino, lei continua a scrivere quello che vuole come vuole, che sia bello o brutto, che piaccia o non piaccia.
Perché posta senza alcuna discriminazione recensioni entusiaste e recensioni disgustate (e ci vuole un certo fegato), perché quando le arriva una critica pesante scrolla le spalle e fa "Oh, well." e poi continua a fare quello che le pare.
Dalla "mamma" di Lestat, del resto, non mi aspettavo niente di meno. 

martedì 6 novembre 2012

In poche parole

 

Il lavoro di "sforbiciamento" del primo capitolo si sta rivelando più complicato del previsto.
Da una parte è liberatorio selezionare intere porzioni di testo e poter dire: "È scritto male! Taglia!" prima di giustiziare il tutto con un click... dall'altra, il pensiero di dover riforgiare tutto mi lascia un po' disorientata.

Intanto, mi sono messa a pensare a come ci sembrerebbero le trame dei libri più famosi se qualcuno dovesse spiegarci la trama in poche parole, o addirittura in una sola frase. La trama da sola, l'idea di fondo, può bastare per attirarci? Forse sì. Spesso sono le trame più apparentemente "semplici" quelle che funzionano davvero.


Le nobili casate di un regno si fanno guerra per conquistare il trono, mentre dal nord arrivano mostri nati dal ghiaccio.
(Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco - George R.R. Martin)

Un giovane del 1700 diventa un vampiro.
(The Vampire Lestat - Anne Rice)

Un gruppo di avventurieri di razze diverse attraversa una terra ostile per distruggere un anello magico.
(Il Signore degli Anelli - Tolkien)

Un bambino scopre di essere un mago e inizia a frequentare una scuola di magia.
(Harry Potter - J.K. Rowling)

Una giovane donna vittoriana non si comporta come la società si aspetta da lei.
(Orgoglio e Pregiudizio - Jane Austen)

Uno scrittore viene tenuto prigioniero dalla sua più grande fan.
(Misery - Stephen King)

Una ragazza nell'Irlanda medioevale deve spezzare l'incantesimo che ha trasformato i suoi sei fratelli in cigni.
(La Figlia della Foresta - Juliet Marillier)

domenica 2 settembre 2012

A tu per tu con Libro

Allora.
Libro.
Mounsier le Terzo Libro, e tutti voi personaggi che lo popolate, mi sa che è ora che facciamo una seria chiacchierata.
Il punto è che dobbiamo assolutamente fare qualcosa per lavorare sul nostro rapporto, altrimenti come al solito non concluderemo nulla. Il punto è che ho bisogno di voi, e non è carino mollarmi a piedi ad ogni pagina, ogni volta che cerco di buttare giù una scaletta o il punto della situazione, ogni volta che mi chiedo quale strada farvi prendere.
È inutile fare i difficili e ribellarsi, o fare gli offesi quando il mio interesse per voi cala, o fare i gelosi quando vedete presentarsi alla porta i protagonisti di altri progetti, magari meno rodati, ma più vivi e interessanti. È inutile fare il broncio e tirare fuori la scusa del "c'eravamo prima noi". Voi qui "ci siete prima" da un sacco di tempo. Da un sacco di anni. E i nuovi personaggi e le nuove idee magari adesso avrebbero voglia anche loro di proporsi, ed è giusto che io dia un'occasione anche a loro.
Il punto è, signor Terzo Libro, che io voglio finirti: perché ti voglio bene e ne voglio ai tuoi personaggi. Sì, non ho mai smesso, per quante volte abbia distolto l'attenzione o perso la speranza. Credo ancora in questa storia, sebbene io per prima le trovi un mucchio difetti. Credo nei suoi lati positivi. E credo che mi piaccia scriverla.
Il fatto è che voi, adesso, mi dovete dare una mano. Mi avete fatta tirare avanti per anni, vi siete rivoltati come calzini sotto i miei occhi, avete fatto cose che neanche pensavo doveste fare e mi avete quasi fatta impazzire col vostro trascinarvi svogliatamente per un paragrafo per poi partire a tutta birra per capitoli e capitoli, funzionando e sfavillando come mai avevate fatto prima, facendomi esaltare come un'invasata che non riusciva a credere che scrivere potesse essere così bello a volte.
Per questo motivo, adesso non è che potete continuare a fare le primedonne, funzionando se e quando volete voi. Volete accompagnarmi fino alla fine di questa storia?
Allora fatelo: facciamolo insieme, e vediamo di farlo bene. La mia non è fretta di finire: voglio divertirmi a scrivere questa storia, voglio che mi piaccia.
Al momento non mi importa più neanche dei miei dubbi, della mia convinzione che non sarà comunque pubblicabile. Ho capito che scrivere è più importante di pubblicare. Con un po' di tristezza, perché non c'è scrittore che non voglia assaggiare almeno una volta almeno una fettina della torta del successo, però la cosa più importante è scrivere, e io forse non riuscirò a credere del tutto in questa storia finché non avrò i tre libri finiti.
Perché vi siete rifatti vivi, se non per concludere degnamente questa cosa? Preferivate che lasciassi la storia così com'era? Infantile, illogica, impubblicabile, ma finita? Vi ho già dato una seconda chance: vi ho dato tutte le chance che potevo darvi, perché credo in voi. E perché mi piace scrivere.
Adesso però è ora di tornare in riga. Quindi, se volete aiutarmi a finire e a finire bene, tornate tutti qui e datemi una mano.

mercoledì 1 agosto 2012

In pillole.

"On writing, my advice is the same to all. If you want to be a writer, write. Write and write and write. If you stop, start again. Save everything that you write. If you feel blocked, write through it until you feel your creative juices flowing again. Write. Writing is what makes a writer, nothing more and nothing less. --- Ignore critics. Critics are a dime a dozen. Anybody can be a critic. Writers are priceless. ---- Go where the pleasure is in your writing. Go where the pain is. Write the book you would like to read. Write the book you have been trying to find but have not found. But write. And remember, there are no rules for our profession. Ignore rules. Ignore what I say here if it doesn't help you. Do it your own way.
--- Every writer knows fear and discouragement. Just write. --- The world is crying for new writing. It is crying for fresh and original voices and new characters and new stories. If you won't write the classics of tomorrow, well, we will not have any. Good luck."


(Anne Rice) 
Fonte: http://www.annerice.com/Chamber-OnWriting.html


Non posso che trovarmi d'accordo, dato che l'ho sperimentato più volte di persona.
In quanto all'ignorare le critiche, non va presa alla lettera ma è vero anche questo. È il principio del "impara l'arte e mettila da parte". O quello di imparare tutte le regole, in modo da poterle infrangere nel modo giusto.  O, in parole povere, tieni presente tutte le regole, ma prima di tutto e soprattutto, scrivi.
 

mercoledì 4 luglio 2012

Merrick la strega


Ho aggiunto un'altra tacca al mio personale elenco di letture delle Vampire Chronicles, e stavolta si tratta di Merrick la strega. Ora, gli ultimi episodi -ma forse è meglio definirli spin-off- delle VC non mi erano piaciuti molto: Armand il vampiro ha delle serie cadute di stile, mentre Pandora, per quanto accurato, era semplicemente noioso, incentrato per i tre quarti sul contesto storico e per l'ultimo quarto sul lato vampiresco. E ora Merrick. Cosa si può dire?
Mah, io l'ho definito scherzosamente un motore diesel. Ingrana molto lentamente, finalmente parte con decisione, ma non fai in tempo a sentir cantare il motore che sei già arrivato a destinazione. Insomma, a caldo non è tanto male. Però ormai ho capito che niente eguaglierà la vitalità e la meraviglia di Scelti dalle tenebre e La regina dei dannati. La storia non è altro che un lunghissimo flashback per presentarci il nuovo personaggio di Merrick attraverso gli occhi di David Talbot, ed è autoconclusiva nel senso più stretto del termine. Tre quarti di libro per raccontare il passato, e poi le azioni cruciali si svolgono in fretta nell'ultimo pezzo.
Ho sofferto del ruolo marginale dei nostri beniamini: Lestat messo da parte a fare il bell'addormentato, i vampiri più antichi che neanche si fanno vedere, mentre l'unico finalmente un pochino rivalutato è Louis, che però resta comunque da parte perché la narrazione in prima persona è riservata a David. Ho dovuto arrendermi al lungo flashback sulle origini di Merrick, sopportando molte pagine in cui si tergiversa, prima che la storia cominciasse a diventare interessante.
Ho apprezzato il ritorno del Talamasca, e un dettaglio che è frequentissimo nei libri della Rice: quello che io chiamo lo "spaccato di vita". Ogni tanto lei accelera la normale narrazione per fare un racconto "a volo d'uccello" (o a salto mortale carpiato) sulla vita di uno dei suoi personaggi, e riesce a dare una carica frenetica e un'emozione a queste descrizioni che io ho sempre apprezzato tantissimo. Lo fa con Lestat e Nicki a Parigi, lo fa con Jessica, lo fa con Armand e Daniel. E ora lo fa con Merrick, e la sua vita nel Talamasca. Quello è stato uno dei pezzi che mi è proprio piaciuto. Una cosa che contraddistingue i personaggi della Rice, spesso, è proprio il racconto di una vita frenetica, eccitante ed emozionante (molto più di quella dei lettori... ecco perché mi piacciono tanto, sigh.) guidata da una curiosità insaziabile. E, mi permetto di aggiungere, da un sacco di soldi. Quasi tutti i personaggi di Anne Rice, uomini e vampiri, prima o poi hanno il grande lusso di potersi permettere tutto, economicamente parlando. Così che la vita e la crescita di Merrick come protetta del Talamasca è eccitante e piena di scoperte come quella di Jesse, altro personaggio che avrei tanto voluto vedere tornare in scena... e che mi piace più di Merrick.
Però tutto questo non basta: le scoperte e le rivelazioni del flashback restano piuttosto tiepide, e il presente è un lungo tira e molla su quanto sia meravigliosa questa Merrick. I dialoghi tra Louis e David non sono male, però continua a mancare qualcosa. (inutile che specifichi cosa, anzi, chi...)
Gli ultimi capitoli prendono e incalzano di più, e il finale è toccante e interessante, però ho avuto la sensazione che quello di David fosse il punto di vista meno adatto: cose come la trasformazione di Merrick accadono fuori scena, e anche il salvataggio di Louis è visto dall'esterno e con poco coinvolgimento emotivo.
Sarebbe stato interessante sapere cosa avrebbero avuto da dirsi Louis e Lestat dopo che il primo aveva evocato Claudia e tentato di uccidersi al sole, e il secondo si era risvegliato dopo anni di letargo. Ma anche quello, fuoriscena non pervenuto ai lettori.
Insomma, carino, con alcuni dettagli interessanti, scritto meglio di Armand o Pandora, ma non aggiunge né toglie nulla alle Vampire Chronicles. Credo che la Rice abbia messo da parte Lestat con la storia di Memnoch perché ormai non sapeva "dove mettere" il suo stesso personaggio per farlo stare buono e permetterle di inserire gli spin-off sui comprimari. 
Però, tristemente, qualcosa si è perso nei suoi ultimi libri sui vampiri. Io ho visto sparire quasi del tutto quell'ironia, energia e freschezza che rendono così speciali il secondo e il terzo libro. Pur trattando di cose meno scabrose, per assurdo, sono più cupi e malinconici che mai. Piatti, quasi. È anche per questo che ancora non mi va di leggere il quinto libro, Memnoch: non mi ispira per niente, e sembra essere proprio il punto di rottura con lo stile che tanto amavo. E poi, come dicevo anche leggendo Armand che è imbevuto di teologia spicciola fino all'esasperazione, a me non importa di Dio e del Diavolo. Di teologia ce n'è già abbastanza negli altri libri: preferisco le teorie e le domande irrisolte; non voglio leggere di Lestat che vede il paradiso e l'inferno. Mi piacciono molto di più le avventure notturne di un comune vampiro settecentesco, o di uno metropolitano, senza bisogno di impegolarsi con le "alte sfere" o la storia della creazione. Non è questo che cerco in un libro.

Per questo penso di avere finito con le Vampire Chronicles, a meno che un giorno non mi venga la malaugurata idea di leggere anche Memnoch, ma temo che sarebbe un'altra delusione. Posso continuare a rileggere la prima trilogia -ma anche Il ladro di corpi non è male- e per me Scelti dalle tenebre resterà sempre il miglior lavoro delle VC.

sabato 2 giugno 2012

Non ho sentito Maggio

È proprio così: non ho sentito maggio. O meglio, l'ho sentito passare come un treno sferragliante e sbuffante, ma è passato con la stessa rapidità, quasi senza fermarsi neppure un attimo.
C'è da dire che nel frattempo ho compiuto ventidue anni, ho passato delle gran serate piacevoli e ho fatto un intenso mese di lavoro: il rovescio della medaglia sono come al solito le settimane così piene e frenetiche da provocarmi perdita della memoria a breve termine; giuro che quando capitano questi (rari) periodi fatico perfino a ricordarmi che cosa ho fatto il giorno prima, o se il tale avvenimento è accaduto ieri o due settimane prima.
Nel complesso, posso dire che va bene. Va molto bene: non ho neppure sentito il terremoto di alcuni giorni fa (ero in macchina, e lontana da casa), che non ha toccato casa mia né la mia città pur facendosi sentire, ma che ha causato un piccolo disastro a soli pochi chilometri da qui.
Questo maggio ho anche finito di scrivere il mio secondo libro e il quarto episodio di una fanfiction epocale, ma, dal giorno in cui ho scritto la parola "fine" in fondo a tutte e due, non ho quasi più scritto una riga di altro. Ho buttato giù un sacco di appunti e schizzi random, ma non mi sono ancora decisa ad aprire un nuovo progetto. Sono in una "pausa tra un caso e l'altro" alla Sherlock Holmes.
Oggi ho avuto un sabato di pausa nel modo migliore che potessi desiderare: casa tutta per me, riposato quanto ne avevo bisogno, cazzeggiato al computer, mangiato quello che mi andava, e poi pomeriggio passato con un'amica al bar e in fumetteria, per poi finire alla sera con lavoretti di casa e poi spaparanzata davanti ad uno dei tanti film che amo guardare a ripetizione. (in modo leggermente autistico, come non manco di notare ^^)
Il lavoro è molto soddisfacente, con i suoi pregi e difetti. L'ambiente, però, mi ha dato modo di fare una riflessione su me stessa, ma non necessariamente in positivo.
Mi sono resa conto che, dopo l'ombra oscura degli anni delle medie, dopo la lenta guarigione nei primi anni di liceo, non mi sono liberata dall'ossessione per il giudizio degli altri. È così: per un po' ho creduto di potermi dire orgogliosamente libera e incurante di qualsiasi verdetto o giudizio, ma sfortunatamente non è affatto così. Sono ancora succube del giudizio degli altri, anche quando "gli altri" sono una massa indistinta, senza nome, sicuramente meno importante delle persone vere e reali con cui passo il tempo e con le quali non avrei ragione di vergognarmi o censurarmi. E invece no. Per qualche motivo, mi rendo conto che a livello inconscio sono rimasta la ragazzina che cerca approvazione e soffre se non la riceve. Mi irrito nel vedermi considerare una creaturina timida e indifesa, ma non faccio niente per dissimulare l'impressione. Non sono ancora capace di fare semplicemente quel che voglio senza sentirmi preoccupata per ciò che penseranno di me. So che è solo un altro dei piccoli, fastidiosi demoni con cui si deve convivere, ma a volte mi ferisce e mi irrita constatare che -dopo tutto questo tempo- sono ancora lì.

Comunque, considerato l'ammontare di materiale che ho ricevuto in prestito, giugno si prospetta, come dire... pieno!

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domenica 6 maggio 2012

E due.

Senza neanche l'ombra di un editore, senza i soldi per la più misera auto-pubblicazione, senza nemmeno idea se quello che sto scrivendo sia pubblicabile oppure no, senza sapere se qualche lettore potrebbe trovarlo buono come lo trovo io...
...oggi anche il secondo libro è finito.
Lasciatemi almeno l'intima soddisfazione di questa piccola conquista.

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martedì 1 maggio 2012

L'ennesima, inutile diatriba vampirica

Lo prometto, questa sarà l'ultima volta che paragonerò qualcosa a... quel libro per adolescenti sui vampiri famoso in tutto il mondo.
Se ne è detto tanto, troppo. In realtà, io non credo che quella serie sia molto peggio di tanti libri passati, presenti e futuri. La cosa che veramente mi sconcerta è che un libro oggettivamente mediocre abbia fatto tanto scalpore. Ma non ho assolutamente nulla contro chi lo legge e lo apprezza. Ma tanto, coloro che lo amano e coloro che lo odiano hanno in comune una cosa: entrambi ne parlano troppo.
Dato che io mi sono recentemente e felicemente data ai vampiri pre-twi...quel libro per adolescenti sui vampiri famoso in tutto il mondo, ho liberamente tratto le mie personali conclusioni da due lire.

Intanto, è troppo facile prendere in giro i vampiri della S.M. Puntare il dito sul fatto che al sole la loro pelle scintilla, che non si nutrono di sangue umano, che continuano a frequentare la scuola per secoli e secoli, è troppo facile e in fin dei conti è poco leale. Premessa: i "veri vampiri" non esistono. Puntare il dito su "i veri vampiri non fanno così" non è un discorso che regge: perfino Bram Stoker aveva deciso che il suo Dracula poteva camminare alla luce del sole. (Ma grazie al cielo lui non brillava. Eddai, lasciatemelo dire...) Questo vuol dire che uno scrittore ha la libertà di fare quello che vuole di una creatura leggendaria: ovvio che poi un lettore può non gradire, mentre un altro sì. Amen.
Non è tanto il fatto di come la S.M. ha realizzato i suoi vampiri: anzi, direi che nei suoi libri, il fatto di essere vampiri è un mero accessorio. È questo il peccato. Il signor Cullen potrebbe anche essere una sirenetta di Atlantide, e questo cambierebbe poco alla storia: la trama è La storia d'amore, tutto ruota attorno ad essa e attorno ad essa si consumerà.
Prima cosa che non mi garba. Ma ad altri lettori invece può piacere molto.
La cosa preoccupante sono i valori che vengono trasmessi da questo romanzetto all'apparenza semplice, facile da leggere e senza particolari slanci di fantasia. A me rattrista pensare che faccia tanta presa un libro i cui punti cardine sono:

- Senza un fidanzato non sei nessuno
- L'uomo ha il diritto di prendere decisioni riguardo voi due senza consultarti e senza il tuo consenso
- L'unico modo in cui puoi fare ragionare un uomo è fare leva sull'attrazione che prova per te e quindi offrirti come merce di scambio
- Hai il diritto di trattare come pezze da piedi due ragazzi innamorati di te
- Lo stalking è una cosa bella e romantica

Eccetera, eccetera, eccetera. Mi sto dilungando e non volevo: ne ho parlato troppo e fin troppe volte.
Arriviamo al punto: qualcuno potrebbe giustamente obiettare che i "vecchi vampiri", in quanto a vizi, non sono tanto meglio dei vampiri odierni. Rimproveriamo a mr Cullen di essere uno stalker e un pedofilo: cosa posso rispondere io, che amo la saga di Anne Rice? (intesa come la prima trilogia: andando avanti tende ad avere delle cadute di stile.)
Analizziamo la situazione: nei romanzi della Rice abbiamo un'ampia gamma di personaggi principali che possiamo accusare a colpo sicuro di stalking, omicidio, stupro, pedofilia, incesto, mutilazione, tortura, abuso morale e fisico in qualsiasi senso. E via allegramente.
Ma qual è la sostanziale differenza?

In twilight, ogni azione, anche quelle moralmente discutibili, ci vengono presentate come qualcosa di bello, struggente e romantico.
Nei libri di Anne Rice, niente di tutto quello che ho citato prima viene presentato come qualcosa di bello, giustificabile o positivo. Viene presentato per quello che è.

È questa la libertà dei libri. Il poter leggere di cose cattive, disturbanti, e riconoscerle per quelle che sono: non nascondendole dietro una patina di buonismo. In tutti i libri della Rice, le azioni evidentemente amorali sono presentate per quello che sono: c'è la paura, c'è la ripugnanza, c'è l'intima sensazione che qualcosa non vada, che ci sia qualcosa di sbagliato, eppure lo accetti perché è questo il gioco: capire che si è arrivati in un mondo in cui si cammina sul limite della moralità. E lo accetti. Ci stai: sei disposto a pagare il prezzo. Perché i personaggi sono abbastanza carismatici e completi per indurti a fare un pezzo di strada insieme a loro.
C'è l'aspetto bello, fantastico, avventuroso, perfino quello comico (adoro come la Rice scherza coi suoi stessi personaggi): non ho mai visto dei vampiri tanto innamorati della vita come nelle Vampire Chronicles.
Ma l'aspetto cattivo o disturbante non viene mai ignorato o edulcorato. Non ci viene presentato nulla di "ideale", anzi, i personaggi sbagliano, inciampano, fanno soffrire le persone che amano e ne pagano il prezzo per i secoli a venire.
E poi, al centro della storia c'è l'immortalità: il significato dell'immortalità, e con esso anche della vita. È qualcosa di stupendo! C'è anche l'amore, ma non è né il fine né il mezzo: "la storia d'amore" non sarà mai al centro della vicenda; siamo molto al di là anche della dimensione umana di amore. I legami amorosi ci sono, finché durano. Se non durano, al massimo ci ribecchiamo tra duecento anni. ^^
E aiuta anche a capire come "stare insieme per sempre" (quando il per sempre è moooolto tempo) sia un concetto grandemente sopravvalutato.

L'unica cosa che mi sento di continuare a dire, è che questo libro per adolescenti sui vampiri famoso in tutto il mondo è e resterà un libro sull'importanza di avere un fidanzato, mentre molti altri scrittori hanno saputo usare la stessa leggenda per parlare della vita, l'universo e tutto quanto.
Che ciascuno scelga il vampiro che gli piace di più. Non ne parlerò ancora.

sabato 28 aprile 2012

"I was a fantasy reader before it was cool!"

Sono all'ultimo libro della saga del Trono di Spade, ovvero I Guerrieri del Ghiaccio. E devo dire una cosa che farebbe gridare all'eresia certi "puristi": comincia a starmi sullo stomaco.
Ho già parlato di Game Of Thrones; del primo libro e della prima serie del telefilm: mi sono piaciute e continuano a piacermi entrambe tutt'ora. Il fatto è che dopo nove libri, un lettore comincia veramente, veramente a fiaccarsi. I primi libri di Martin mi sono piaciuti: lo stile non è semplice, né particolarmente scorrevole, ma dai e dai mi sono affezionata ai personaggi, mi sono interessata alle loro storie (e in questo, insisto, mi è stato di grande aiuto il telefilm: ha dato una faccia ad ogni personaggio e mi ha aiutato ad inserirli mentalmente in un contesto a volte troppo grosso da digerire tutto d'un botto) e mi è piaciuto l'intreccio, il fiato sospeso ad ogni pagina, perfino le speranze tradite e le fini ingloriose di personaggi che amavo.
Però, poco a poco -soprattutto nel lentissimo Il Dominio della Regina- la tensione è venuta sempre meno: tornava solo di tanto in tanto, in alcuni momenti studiati, quando facevano capolino personaggi di cui davvero mi interessava, mentre il resto nuotava in un mare di capitoli simili ad una lunghissima digressione che non giunge mai al punto.
Io credo che Martin sia un grande "artigiano": insisto a dire che ha creato un mondo. Un mondo completo di classe politica, correnti religiose, superstizioni e usanze, casate regnanti e legami di parentela infiniti (che però lui ricorda uno per uno, ne sono sicura). Però... Però non sono sicura che sia altrettanto bravo come affabulatore. La cornice entro cui realizza le sue storie è assolutamente perfetta: peccato, però, che la si renda così perfetta a scapito del lettore. Per ricostruire con ordine ciò che accade, metà dei capitoli sono composti da personaggi che discutono di manovre militari già avvenute o da realizzare in seguito, con dovizia di particolari. Oppure ci si lancia in grandi digressioni su quali siano esattamente i legami di sangue di una tale famiglia con l'altra. O come sia andato quello o quell'altro evento storico. Tutte cose che forniscono informazioni, ma divergono continuamente da quello che al lettore interessa di più... la trama! La pura e semplice trama! È ovvio che dipende dai gusti dei lettori: ebbene, io sono abituata a leggere libri di un certo peso, e ho letto volentieri in fila tutti e dieci i volumi della saga del ghiaccio e del fuoco. Però, personalmente, quando è troppo è troppo. La leggo per i pochi personaggi di cui mi interessa. La leggo per il semplice "voglio vedere come va a finire" e mi frego da sola perché so già che resterò delusa: infatti la saga NON è ancora finita ed è ben lungi dal finire. Altra cosa di cui gli ultimi libri risentono tantissimo, secondo me: ad un certo punto manca il respiro, cala l'attenzione, cala la tensione, il lettore si perde e si comincia a desiderare semplicemente di arrivare da qualche parte. Di concludere qualcosa. Ma no. Purtroppo, per quanto bella e ben scritta (perché È ben scritta) possa essere una saga, la lunghezza e la mancanza di una meta si fa sentire. Tanto.
La cosa che più mi dispiace, inoltre, è che di solito in una saga mi piace ricordare ogni singolo libro per quello che è, per quel che accade e per i suoi particolari. In questa mi perdo. Giuro che se prendo in mano un libro a caso (eccetto i primissimi) non saprei dire che cosa succede in quel libro in particolare. (Certo, non aiuta il fatto che l'edizione italiana abbia diviso in due -quando non in tre- certi volumi) Troppi avvenimenti, troppe cose, troppo dispersivo. Ormai mi perdo per strada: vengono pronunciati dei nomi come se avessere una grandissima importanza, e io nemmeno mi ricordo dove li ho già sentiti. A volte non basta più neanche l'elenco dei nomi in fondo ai libri. Un libro comincia con una sfilza di nuovi personaggi mai incontrati prima, e anche se sai che dovranno pur essere importanti, ti resta la strizza perché ti ritrovi a leggere di loro mentre vorresti saltare a quelli che veramente ti interessano.
Però, nonostante tutto, da quando è uscita la serie tv e GOT è diventato improvvisamente di gran moda, Martin è diventato praticamente Dio sul web. Nessuno scrive come Martin. Nessuno è bravo come Martin. Non si può dire niente a Martin. Lui, da scrittore, giustamente fa solo il suo lavoro e se ne sta buono buono, scrive (con caaaalma), incassa sui diritti d'autore e direi che ha il sacrosanto diritto di farlo: ci pensa tutto internet a fare le sue crociate per lui. 
Adesso sembra che nessuno abbia mai scritto qualcosa di tanto bello come GOT, che se non scrivi come Martin non sei un vero scrittore, ed esagerazioni sul genere. (Perché di esagerazioni si parla: un conto è amare la saga, un altro è ritenerla una bibbia.) Come ci sono stati gli scrittori di fantasy sullo stampo di Tolkien, ora è probabile che in futuro molti seguiranno un nuovo filone sullo stampo di Martin.
Semplicemente, per me George Martin è bravo, ma non penso che lui sia il non plus ultra della letteratura. Tutto qui.
Mi piacciono alcuni dei suoi libri, e alcuni dei suoi personaggi. Ma ho letto molti libri e molte saghe che mi piacciono di più. 
Ci sono libri che posso prendere e aprire in qualsiasi pagina, e restare per ore a leggere dal punto in cui ho iniziato: le cronache del ghiaccio e del fuoco non sono fra questi. Per leggere quello che scrive lui, ci vuole una buona dose di pazienza e di vero interesse. 
Sì, possono essere strutturati e architettati meravigliosamente, ma se annego in un fiume di digressioni difficilmente riuscirò a tornare a galla e recuperare il filo del discorso!
Per questo, ho voglia di finire con calma questo decimo libro, per poter arrivare all'ultima riga dell'ultima pagina e poter dichiarare un "fine primo tempo". E poi, per potermi godere a mente sgombra la seconda serie del telefilm: mi piace sapere già che cosa deve succedere e godermi la trasposizione televisiva. 
Perché la serie tv sotto questo aspetto ha un pregio: è molto più immediata e godibile. 
E puoi fare le maratone serali con gli amici.

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mercoledì 28 marzo 2012

Fuck yeah.

*esame da Guida (non di automobile)*
"...Voi, mi raccomando, dovete fare attenzione a non perdervi tra gli argomenti, a scegliere le cose da dire, ecc. ecc..."
*occhiata nella mia direzione*
"Tu vai bene."

*dialogo all'interno della mia testa*
"Ehi, ma... Autostima! Che bello rivederti! Dove sei stata tutto questo tempo?"
"...Sotto le tue suole, carogna!!!"

martedì 27 marzo 2012

Sempre parlando di coerenza

Presupposti:
- Non ho mai lavorato coi bambini e mi lasciano indifferente.
- Guidare a lungo mi mette ansia.
- Mi intartaglio se devo parlare in pubblico.
- Non amo la "gente".

Risultato:
Venire scelta per un lavoro di guida turistica e animatrice in costume, ad un'ora e 10 di auto da casa.

Senso: la mia vita non ne ha!


lunedì 19 marzo 2012

"Ho visto musical che voi umani..."

A quanto pare, continuo a sentire l'irrefrenabile desiderio di perseverare nella mia professione segreta: la spacciatrice di musical semisconosciuti.
In particolare, l'ispirazione per questo post mi è venuta dopo avere scoperto che esistono due versioni di Lestat - the musical ovvero la prima presentata a San Francisco, e quella pesantemente modificata e presentata a Broadway. Ho avuto la fortuna di trovarle entrambe, ma è soltanto un caso che io le abbia viste "al contrario": prima quella di New York e poi quella di San Francisco. Questo forse, inconsciamente, mi ha aiutata anche nel compito di confrontarle, dato che mi ero già presa una cotta tremenda per la versione di NY, da molti fan considerata la peggiore.
Sostanzialmente, le differenze sono ben riassunte nell'articolo di wikipedia dedicato al musical:

[The pre-Broadway version of the Lestat musical was extremely different from the New York version of the Lestat musical. Even though it was the highest-earning pre-Broadway play in San Francisco history (beating out Wicked and Cats) the company drastically revised the play. The San Francisco version, performed at the city's historic Curran Theater during the final months of 2005 and early 2006, had far more elaborate stage effects and production values and included projected images illustrating the main character, Lestat's, story.
The Broadway version of Lestat was more interpretive, and used fewer projections. It also cut quite a few plot elements from San Francisco. The song "Right Before My Eyes" was inserted, "In Paris", a duet sung by Nicolas and Lestat was cut, and "In Paris" was expanded to when Lestat first arrives in Paris and sees Nicolas' work at the theater, the number was called "In Paris Sequence". Gabrielle's solo "Nothing Here" was changed to "Beautiful Boy"; and the play-within-a-play in the Vampire theater, was changed from the number "Origin of the Species", which explained the legend of King Enkil and Queen Akasha, to "Morality Play", which was about Armand and Marius' relationship, and completely scrapped any references to The Queen of the Damned, including, later in previews, cutting Queen Akasha and King Enkil from the show completely. This version was played March 25, 2006 to May 28, 2006 at the Palace Theater for 33 previews and 39 performances.]
 (fonte - Wikipedia)

La prima cosa che salta all'occhio è quanto la versione di SF sia quasi perfettamente fedele al libro, "Scelti dalle tenebre", ed è assolutamente un grosso punto a favore di quella produzione. Il peccato, nella versione di NY, era proprio vedere come la storia fosse riassunta all'inverosimile, ridotta all'osso, quasi, del tutto priva di tutte quelle connotazioni sentimentali e filosofiche di cui invece è pieno il libro. Ecco, nella versione di SF sono riusciti ad inserire alcuni di quei dialoghi essenziali, che non solo rivelano molto di più dei singoli personaggi, ma danno al musical tutto un altro sapore.
Nicolas, per esempio: nella versione di NY il suo personaggio è pesantemente sacrificato, anche se è importante. Certo, ha comunque un ruolo chiave nella vicenda: morire in modo orribile ma non si vede niente di lui, dei suoi pensieri o il suo tormento interiore; non è nient'altro che la spalla di Lestat. Nella versione di SF ha molte più scene dedicate a lui: è un personaggio che parla, discute, interagisce, si scontra con Lestat, e diventa molto più plausibile.
Una cosa che non ho perdonato, però, è stato non avere alcuni dei miei pezzi preferiti: manca "The Bugs and the Bears", che pur non essendo essenziale è un momento molto tenero, e poi non c'è "Right Before my Eyes". E quella no. Quella la voglio. La esigo. Così come la reprise: invece di inserire ogni volta una reprise del giro di note di "The Thirst" avrei messo quei due pezzi: brevissimi ma da spaccacuore, e l'ultimo si sarebbe inserito perfettamente dopo "Crimson Kiss" e prima dell'arrivo di Marius, anche senza bisogno di mostrare sul palco la morte di Nicolas come invece avviene nella produzione di NY.

And now his life slips through my hands
his gentle soul leaves on the wind
a broken angel finds release
from all my selfish dreams that darkness brings.

So what do I do now?
He's gone, I'm left alone and so unsure
Who'll guide me now, and give me tears to cry?
When all I loved died right before my eyes.

Un'altra nota stilistica a favore della versione di SF sono le scenografie: quelle di NY sono spesso scarne, a volte del tutto assenti, mentre la prima ha una grande cura nel ricreare perfino gli ambienti interni. Detta così, sembra che tutto vada a favore della prima versione (infatti non capisco perché i produttori abbiano voluto cambiarla così a fondo): non è del tutto vero, perché anche lo spettacolo di SF ha i suoi difetti. Il più lampante? È statico. È statico da morire, e non so se fossero gli attori che dovevano ancora farsi le ossa, ma ne dubito: Hugh Panaro non era l'ultimo arrivato neanche allora, ed è stato più volte nientemeno che il Fantasma. Canzoni che sarebbero state perfette per coreografie di gruppo (come hanno, stavolta giustamente, rimediato nella versione Newyorkese) sono banali e staticissime: "In Paris" è moscetta se cantata da due soli attori che peraltro stanno quasi sempre seduti, invece che da un'intera folla. Così come "Welcome to the new world" che nella versione di NY è semplicemente fantastica, e ha un'impennata improvvisa anche in quanto a scenografia.
Poi, i costumi: io preferisco quelli di NY. In realtà ci sono poche differenze, ma l'aspetto dei personaggi mi sembra molto migliore nella seconda versione, e anche Hugh Panaro riesce sempre a dare il meglio di sé.
Personalmente, invece, trovo Marius pessimo in entrambe le produzioni (identiche). È ritratto come una specie di monaco buddista basso, pelato e rotondetto. E lui non deve neanche cantare, quindi non è che l'attore sia stato scelto magari non per il suo aspetto ma per le sue doti canore. C'è da dire che nella versione di SF, al teatro dei vampiri mettono in scena "The Origin of the Species", che era un modo molto carino di raccontare la storia dei progenitori dei vampiri, Enkil e Akasha, (lo spettacolo che invece viene mostrato nella versione di NY è quasi incomprensibile e visivamente noioso) e lì compariva una versione teatrale di Marius con lunghi capelli bianchi e un sontuoso abito rosso. E io chiedo, ma perché non l'hanno semplicemente vestito così nella versione ufficiale?
Nota di demerito per la versione di SF: durante il bellissimo pezzo di "The Thirst", Lestat afferra la sua prima vittima e la morde... alla pancia. No, scusa. Stiamo scherzando? Alla pancia?!? Era tanto difficile il classico morso da vampiro, peraltro molto d'effetto sul palcoscenico? Dovrebbe essere un momento tragico, e invece o ti metti a ridere o ti cascano le braccia.
Uno dei commenti che è stato fatto alla versione di New York si riassume semplicemente in: "più gay". D'accordo, salta all'occhio che nella produzione di NY sono state inserite un sacco di interazioni in più tra i personaggi (e questa è tra le cose che lo rendono meno statico e più divertente), comprese quelle amorose che nella versione SF erano solo accennate. Per me non è affatto un male. Anzi, posso dire di averle anche apprezzate: e diciamolo fuori dai denti, tutti i vari momenti Lestat/Nicolas, Lestat/Louis sono fin troppo canonici. Non c'è niente che non succeda (o non si intuisca) nei libri, perciò ci sta, e anche bene. Avrei anche lasciato la scena del morso di Armand, il cui ruolo è quasi uguale in entrambe le versioni, però in quella di NY è più energico e interessante.
Il finale è più completo nella versione di SF: forse un po' troppo sfarzoso o "buonista" però ci poteva stare.
Perciò, anche se il musical non è mai più stato ripreso in mano dopo avere chiuso a Broadway, secondo me la cosa perfetta da fare sarebbe stata prendere il meglio delle modifiche apportate nella versione di NY e spalmarle sulla struttura della versione di SF. Aveva le potenzialità per essere un ottimo musical, invece di fare un buco nell'acqua.
Bene, io ho la mia scaletta. Se qualcuno mi trova una compagnia teatrale, telefoniamo a Broadway e lo rimettiamo in scena in un attimo!

http://beautifulstrange.net/lestatmusical/images/leslouclaurow2.jpg

lunedì 12 marzo 2012

Intervista col Vampiro (ma dai?!?) - film 1994

https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghM9Ks1SEQy9UNtwwKe9nYXgVp4Oe9VDRnv2ZAOTExr4mdml0f_oNyCNnwaU7UW6RhAVgmLEhTeOcMhL1paWCsJYGrnXUsypKued3A8lTCpN044gtJmtgSi2WLFkRUMMqToWAWIjyuw74/s1600/intervista+col+vampiro.jpg 
Ho guardato diverse volte Intervista col Vampiro anche prima di appassionarmi alla storia -e a Lestat- col secondo libro di Anne Rice. È sempre stato uno di quei film in perfetto equilibrio tra il piacermi e non piacermi, anche se tirando le somme ci trovo sempre più pregi che difetti.
Prima cosa: il cast. Punto spinosissimo, che divide da anni orde di fan dei libri.
Personalmente, trovo sia Lestat che Louis del film piuttosto accettabili e simili, in una certa misura, alle descrizioni dei libri. Mi piace come Tom Cruise fa Lestat (per quanto la sua parrucca bionda ogni tanto sembri essere passata attraverso un aspirapolvere...). Brad Pitt poteva starci fisicamente per Louis, ma... mio dio, poche volte l'ho visto così -è proprio il caso di dirlo- impalato come in questo film. Il risultato è una recitazione da vampiro stereotipato: tutto rigido e che parla sussurrando; questo è proprio uno dei lati che non mi convincono, e in italiano anche il doppiaggio non aiuta. Solo Tom Cruise riesce, ogni tanto, a sciogliersi un po' e a non suonare ridicolo.
Claudia la trovo molto azzeccata: fantastica da ascoltare con l'audio originale in inglese, prova vivente che agli inizi della sua carriera Kirsten Dunst sapeva recitare!
Armand... il meno azzeccato di tutti, ma per il semplice fatto che con lui hanno volutamente ignorato la sua descrizione nel libro: ovvio che Antonio Banderas non c'entra niente con un giovanotto rinascimentale dai capelli ramati. Però c'è da dire che per quella parte occorreva un certo carisma da "capo dei vampiri" che un attore giovane non avrebbe avuto, per questo probabilmente si sono affidati ad un attore del suo calibro. Anche se non è che brilli. E lo dico da fan di Banderas.
È una mia ipotesi, ma probabilmente all'epoca hanno fatto questa scelta: scegliere deliberatamente i belli del momento. E non è stata una scelta sbagliata, secondo me. Semmai, è divertente il fatto che questo ruolo abbia fatto vincere un Razzie Award a Cruise e Pitt... per la peggior coppia!
In quanto al film, sono convinta che per l'anno in cui è uscito (1994) fosse un buon prodotto, e tutt'ora è piacevole da guardare. Ci sono alcune scelte stilistiche che mi stonano, la recitazione troppo spesso volutamente "impalata" o esasperata, scene di lotta abbastanza penose, ma per il resto ci sono decisamente molte altre cose che funzionano. È interessante ed è oggettivamente bello da vedere, anche solo per l'atmosfera cupa, per la ricchezza dei costumi e delle scenografie. Tutta la parte con Claudia è la mia preferita, ma penso che la parte veramente viva, e anche divertente, del film sia dalla vampirizzazione di Louis fino alla fuga da New Orleans. Uscito di scena Lestat, il film si ammoscia un po': anche la parte al Teatro dei Vampiri non fa granché per risollevare l'atmosfera. La fine di Claudia e il rogo del teatro finalmente riaccendono l'attenzione, così come la conclusione del racconto di Louis.
Sotto questo aspetto, la nota veramente positiva è il cambio radicale che hanno fatto col finale del libro: ovvero il ritorno in scena di Lestat in tutto il suo splendore. Paraponziponzipom. Secondo me è stato giusto: un finale chiuso, o comunque criptico come quello del libro sarebbe stato moscio, per un film che già di suo tende ad appiattirsi due o tre volte. Invece, un finale così è di quelli che ti strappano la ghignata di soddisfazione. E poi è stato giusto anche per il personaggio di Lestat: dato che non ci sarà mai un film di Scelti dalle Tenebre (e io piango... so che hanno provato a frullare qualche dettagli nel film La Regina dei Dannati, ma il poco che ho visto mi sapeva di cagata colossale) era l'unico modo di rendergli giustizia.
Per me, il bello del film è che nonostante tutto resta molto, molto attinente al libro, soprattutto nei dialoghi. Probabilmente è stato il meglio che si potesse fare. A volte mi chiedo cosa verrebbe fuori se decidessero adesso di farne un remake... se rimanessero fedelissimi al testo, forse ne verrebbe fuori un gran bel film. O una sublime boiata. Forse è davvero meglio non saperlo!

lunedì 6 febbraio 2012

Cosplayer orfani?

È appena passata la fiera del fumetto di Novegro, quella che da alcuni anni è una delle mie fiere preferite... e stavolta, me la sono "persa". Per semplici questioni di tempo o di impegno, né io né le mie amiche abbiamo programmato di andarci: non avevamo progetti in sospeso, un costume o un gruppo da portare proprio a quella fiera; molti avevano di meglio da fare, la neve avrebbe complicato qualunque spostamento, e così semplicemente il problema non si è posto.
Però mi sono accorta che mi mancano le fiere cosplay: quella in particolare, per questo, a ripensarci, un po' mi dispiace di essermela lasciata sfuggire quasi senza neanche pensarci.
E, mentre da una parte preme la pura nostalgia di mettermi in costume, di realizzare un intero gruppo, la folle sarabanda di costumi, parrucche e foto, dall'altra mi chiedo come deve essere la situazione per i "novelli" cosplayer. Il cosplay, come molte altre cose, deve la sua diffusione qui in Italia grazie ad internet: io stessa ne sono venuta a conoscenza per la prima volta tramite un forum, e pur frequentando già compagnie di gioco di ruolo e similia non ne avevo mai sentito parlare. La mia curiosità mi ha portata a visitare forum e siti internet personale degli stessi cosplayer, dove mostravano la realizzazione dei loro costumi, le loro foto, i loro scatti durante le fiere del fumetto: è bastato quello per affascinarmi e portarmi ad esclamare: "Voglio farlo anch'io!"
E così ho fatto, per diversi anni. Ci sono riuscita: nel 2006 mi sono tuffata a capofitto nel mondo del cosplay, trascinando con me un buon numero di amiche e -cosa più importante- guadagnandone altre nel percorso. Mi piaceva, e anche tanto. Per alcuni anni ho cercato di fare più fiere possibili, visto che mi davano la scusa per realizzare costumi e per interpretare i personaggi che amo, cosa a cui non rinuncio nemmeno adesso. Io e le mie amiche -che mi avevano seguita con lo stesso entusiasmo... o che avevo provveduto io stessa a trascinare per i capelli ^^ - ne combinammo un bel po' insieme, e ci divertimmo molto: poi, negli ultimi anni, il numero delle fiere a cui siamo andate o di costumi realizzati è diminuito drasticamente. Niente di cui stupirsi: il tempo che passa, gli impegni che si accumulano, le difficoltà degli spostamenti, tutte cose purtroppo normali.
Sulle prime ci ero rimasta un po' male, perché si è pur sempre trattato di un bel gioco che mi veniva sottratto. Poi però ho capito che alla fine non aveva importanza quante fiere facevo o quando avrei potuto dedicarmi ad un certo costume: il momento sarebbe arrivato, ci sarebbe stato un nuovo gruppo a cui lavorare insieme, un nuovo costume per cui chiedere aiuto, qualcos'altro da organizzare... a suo tempo. L'incontro con i Ruoleggi dei Caraibi alla fiera di Rimini, le bellissime amicizie che ne sono conseguite e i gruppi che siamo riusciti -una volta all'anno- a portare tutti insieme ne sono una prova tangibile. A distanza di tempo, ho anche deciso di aprire una pagina su deviantart completamente dedicata ai nostri cosplay, per celebrare quello che avevamo fatto, e l'ho chiamata La Corte dei Miracoli.
Io, insomma, continuo a ritenermi una cosplayer anche se partecipo a pochissime fiere e se faccio foto con l'unico sfondo del cortile di casa mia tanto per scherzare. Però non posso negare che, all'inizio, una grandissima mano mi è stata data da internet: c'erano i forum, grandi e piccoli, in cui anche un'inesperta esordiente come me poteva guardare le foto delle fiere, esplorare i vari tutorial e chiedere consigli ad altri ragazzi con la stessa passione. Sono la prima a sostenere che molti forum si sono, col tempo, trasformati in vere e proprie fosse dei serpenti, ma posso dire onestamente che nessuna lite cibernetica ha mai toccato me personalmente: non sono mai stata in contatto con molti cosplayer, e di certo non sono mai stata una delle tanto chiacchierate "vip del cosplay". E neanche mi interessa. Ma sto divagando: il punto è che, oggi, non esiste più neanche uno di quei forum. Per quello che ne so, i più grossi sono stati chiusi recentemente, e non ho mai saputo se ne fossero stati aperti altri per sostituirli.
Quindi, a chi si rivolgono i nuovi cosplayer? I ragazzi che magari non sono mai stati ad una fiera in vita loro e vorrebbero solo sapere se quella fiera è meritevole o meno, se c'è un biglietto d'ingresso, dove possono trovare il sito con gli orari di apertura? Se vogliono sapere se ci sono gli spogliatoi e a che ora comincia la gara? Fortunatamente molti siti delle fiere mettono fuori le informazioni apposta per i cosplayer, ma non tutte le nuove leve lo sanno. Per quanti lati negativi abbiano i avuto i forum, non era male avere un luogo dove curiosare i tutorial o scambiarsi opinioni. Era divertente sfogliare le gallerie ed emozionarsi perché in foto c'eri anche tu, col tuo costume. Molti ragazzi di un piccolo forum indipendente di cosplay erano diventati amici miei, e abbiamo fatto anche dei gruppi e delle fiere insieme: dopo, per svariati motivi, la compagnia si è disgregata e i contatti si sono persi, anche se ovviamente ogni tanto si rivede in fiera qualche faccia conosciuta, e ci si saluta volentieri.
Con la sparizione dei forum, è come se anche l'ambiente del cosplay fosse diventato ancora più "chiuso" di quanto non sia già adesso. Molti di quelli che lo frequentano da più tempo di me sono d'accordo nel dire che c'è un sentimento comune: che il cosplay sia riservato ad una qualche elite, una fetta ristretta di privilegiati. Io non ho mancato di notare che molti fotografi, in fiera, non perdono tempo con te se non sei qualcuno famoso in rete, o una bella ragazza svestita. Quando gli stessi cosplayer sono così chiusi ad interferenze esterne, come fanno i giovani cosplayer ad avvicinarsi a questo mondo che li affascina, ma che li tiene chiusi fuori?
Forse, facendo come anche noi abbiamo sempre fatto. Con il coraggio di mettersi una parrucca colorata e dei vestiti assurdi, e di piazzarsi in mezzo alla folla a fare foto.
Così come è sempre stato.
http://fc08.deviantart.net/fs71/i/2011/011/2/3/inuyasha_group_by_miracolicosplay-d36y8b3.jpg

sabato 4 febbraio 2012

Ossessionata e contenta

Non è una novità per nessuno: ho una spiccata tendenza all'ossessione.
Quando scopro qualcosa che mi piace -che veramente mi piace- a me, ogni volta, provoca lo stesso effetto dell'Illuminazione sulla via Damasco: vado letteralmente giù di testa, ne fruisco in continuazione per essere sicura di non essermi persa nemmeno un dettaglio (per questo mi piace tanto riguardare i film, rileggere i libri, ascoltare le stesse canzoni milioni di volte), e soprattutto mi metto a cercare ogni cosa che sia stata detta/scritta/disegnata/filmata/registrata sull'argomento. Me ne innamoro. E mi ci attacco come ad una bottiglia, per svuotarla fino all'ultimo sorso.
L'ho sempre fatto fin da piccola con quelli che erano i miei personaggi preferiti, i cartoni, i libri, anche se la svolta decisiva, l'Ossessione con la O maiuscola, è stato decisamente capitan Jack Sparrow. I Pirati e il loro mondo sono stati la passione che mi ha restituito la spina dorsale e la voglia di vivere, e che mi accompagnano fino ad oggi: dopo si sono susseguite altre cose che, per un motivo o per l'altro, sono state destinate ad accompagnarmi in modo costante in certi periodi della mia vita. Ci scherzo sopra, li ho affettuosamente identificati come "le mie ombre inquietanti" nei miei fumetti, però è innegabile dire che hanno sempre avuto un ruolo speciale: il Joker di The Dark Knight, che mi ha portata a divorare qualsiasi cosa avesse a che fare con Batman (ma più spiccatamente, col Joker e Harley Quinn); Rocky Horror Pictures Show che mi ha riacceso la passione per i musical e regalato un sacco di risate; Cats che è stato un innamoramento tardivo ma totale. E lungo la strada potrei aggiungere tutti gli altri musical che ho amato alla follia come il Phantom, Avenue Q, Les Miserables, Wicked. O i film che ho amato, i libri che ho letto, il gioco di ruolo.
L'innamoramento più recente è dovuto a Lestat - il musical, che mi ha portato in blocco non solo uno spettacolo piuttosto carino con alcune belle canzoni, ma anche una settimana a divorarmi il secondo libro di Anne Rice e la totale rivalutazione di un personaggio che non avevo mai apprezzato come merita. Lestat, appunto. Il divertente di questi innamoramenti improvvisi è che sono sempre, sempre, sempre del tutto inaspettati, non programmati e non incoraggiati in nessun modo se non con la semplice curiosità.
In ogni caso, ho sempre bisogno di "andare in fissa" con qualcosa, periodicamente. È qualcosa che mi riaccende il motore, che mi spinge a conoscere nuove cose e nuovi orizzonti, proprio come conoscere capitan Jack Sparrow mi portò a diventare quella che sono ora, amicizie ed esperienze comprese.
Mi piace riscoprirmi continuamente capace di "innamorarmi" di nuovo delle cose. Spesso, purtroppo, la cosa più difficile è proprio trovare qualcuno che condivida con me le stesse passioni, perché ovviamente non tutti sono voraci lettori, o appassionati di musical, o cosplayer, o disposti a scovare e guardare su internet l'unica ripresa esistente di due ore di spettacolo ripreso con una telecamera a mano cladestina... però, qualche volta, per fortuna succede anche quello.
Ma la cosa più bella è sempre questa: che gli innamoramenti rimangono. Non ho mai smesso di tenermi nel cuore tutto ciò che ho amato o apprezzato da piccola, così come adesso non ho mai smesso di amare tutto ciò per cui sono "andata in fissa" in passato. Ogni cosa di cui sono stata appassionata è ancora con me, come un enorme tesoro scintillante rinchiuso dentro una cassa, da aprire quando mi va per potermi crogiolare tra le sue meraviglie!
http://awalkoffaith.files.wordpress.com/2011/12/treasure-chest2.jpg

giovedì 19 gennaio 2012

lunedì 9 gennaio 2012

Psycho

"Lo vedi quel tipo laggiù?"
"Quello che è appena passato dal banco prestiti? Sì, che c'è?"
"Sai che è un assassino?"
"..."

"Hai visto come ha reagito male quella?"
"Sì, santo dio, e solo perché io avevo fila... e che cacchio!"
"Ma infatti credo che sia una psicopatica: guardale gli occhi, ha proprio lo sguardo da killer!"
"..."

Magari, ma dico magari, non è che potrebbero indicarmeli PRIMA gli psicopatici omicidi, così evito in tutti i modi di essere involontariamente scortese SOPRATTUTTO con loro???

http://www.hitchcockfans.com/images/gallery/screenshots/psycho17.jpg

sabato 7 gennaio 2012

Letterariamente

Dopo una settimana di compagnia, chiacchiere, orari improbabili, lunghissime camminate e locali vampireschi, è strano ritrovarsi il sabato mattina da sola, in silenzio, con l'aria fredda e il cielo limpido fuori dalla finestra e tutta la giornata libera davanti.
Sono i momenti in cui mi torna la voglia di leggere e, contemporaneamente, la voglia di scrivere. Saranno i cambiamenti e i ritmi degli ultimi mesi, però devo riconoscere con una certa dose di scocciatura che sono diventata spaventosament epigra per quanto riguarda la scrittura: non ho mai smesso di vivere le scene nella mia testa come se fossero reali, né di sentire incessantemente la voce dei miei personaggi mentre me li immagino in questa o in quella situazione. È come avere un proiettore dietro la retina acceso ad ogni ora del giorno o della notte, ma non è semplice trovare la forza di rimettermi lì, buona, e cominciare il lungo lavoro di trasformare le immagini in parole. Mi piace scrivere, ma a volte faccio fatica. E forse il motivo è proprio l'essere diventata più esigente e severa con me stessa, che da una parte mi aiuta a impegnarmi nello scrivere cose di buona qualità, dall'altra mi spaventa e mi frena la fantasia. Riuscirò mai a trovare il giusto equilibrio tra rigore e libertà?
A tal proposito, potrei finalmente mettermi a rispondermi alle disquisizioni letterarie di un mio amico. Absurd is The Way è il suo antro, la Letteratura dell'Assurdo il suo credo, Douglas Adams il suo maestro, e il fuffoso Formichiere il suo vessillo.
Da un po' di tempo ho scoperto che io e Tro abbiamo in comune la passione per la scrittura, e qualche volta abbiamo avuto modo di parlare di letteratura, dello scrivere, di libri, della necessità o meno di essere pubblicati, e cose così. Una delle cose che, nonostante tutto, stridono tra di noi, è il fatto che io non sia del tutto convinta dalla sua letteratura dell'Assurdo.
Col "non essere convinta" intendo che non mi piace? No.
Allora intendo che lui non dovrebbe "perdere tempo" a scrivere Assurdo. No.
Intendo forse dire che non ritengo l'Assurdo una letteratura? No.
Per quanto ne so -e in giro per la rete c'è tanta gente più esperta di me in questo campo- la letteratura dell'Assurdo esiste già da anni, e credo proprio che se ne ritrovino stralci in correnti come lo steampunk, il weird e la bizarro fiction. Douglas Adams e la sua Guida Galattica per gli Autostoppisti è un buon esempio, per un assaggio di letteratura dell'Assurdo con, tuttavia, una vera trama alle spalle. Se invece volete un po' di Assurdo allo stato brado, leggete il blog di Tro: vi consiglio i pezzi sul Natale, la Genesi e sul prezioso contributo del Formichiere nell'evoluzione delle scimmie.
Tornando a noi: le discussioni che abbiamo avuto sulla Letteratura dell'Assurdo toccavano diversi punti; dal fatto che si scrive per essere letti, al fatto che l'Assurdo sia un piacere per chi lo scrive, ma non per chi poi lo legge, o che la vera abilità di uno scrittore sia raccontare storie sì "canoniche", ma in modi che le fanno suonare sempre nuove e straordinarie. Ma abbiamo modi di scrivere diversi, e credo che non arriveremo mai ad un comune accordo: tuttavia, lui si è rivelato in grado di scrivere sia di Assurdo che di narrativa realistica (e, da scrittore a scrittore, io credo che abbia davvero del talento) e questo è un punto a suo favore.
"Perché non ti piace leggere di Assurdo?" mi è stato chiesto. Be', non sempre, replico. Il fatto è che, quando leggo, voglio immedesimarmi in quello che leggo, e con l'Assurdo non sempre ci riesco: occorre una sorta di vicinanza mentale e spirituale con lo scrittore di Assurdo. Proprio per questo mi sono piaciuti molto alcuni pezzi, in cui la colata calda e schiumosa di parole riusciva a trasmettermi esattamente le sensazioni che intendevano trasmettermi, mentre altri pezzi di letteratura Assurda mi sono sembrati semplicemente... assurdi, distanti dietro un vetro, come se guardassi da lontano la registrazioni dei sogni di qualcun altro. Penso che sia perché, nella letteratura Assurda, l'immedesimazione non è facile e spesso non garantita. Penso che si scriva e si legga soprattutto per sapere che non si è soli, che altri, nel mondo, hanno provato esattamente quello che proviamo noi.
"Perché non scrivi anche tu di Assurdo?" mi è stato chiesto. Ora, appurato che ciascuno scrive per descrivere quello che ha dentro, posso affermare che quello che c'è dentro la mia testa sono scene. Parlavo prima del proiettore mai spento: è questo che faccio mentre scrivo; racconto tutto quello che il proiezionista instancabile che vive dietro la mia retina manda in onda a getto continuo. A me piace la teoria di Stephen King.

"Da insegnante ho sempre insistito sulla semplicità. Che si tratti di narrativa o di saggistica, conta solo una domanda, e una risposta. <Cosa accade?> chiede il lettore. <Questo... E questo... E anche questo.> risponde lo scrittore."

Scrivo perché mi piace questo. A me piace raccontare che cosa succede, che cosa fa un personaggio, perché lo fa, che cosa pensa e cosa lo spinge a fare certe cose. Mi piace essere sulla spalla di un personaggio, dietro di lui o dentro la sua testa. Quindi non scrivo Assurdo semplicemente perché non mi è congeniale, perché vi trovo meno piacere di quello che trovo a scrivere di narrativa, ma non per questo voglio dire che non mi piace o che lo ritengo spazzatura. Affatto. Credo nella libertà di scrivere ciò che si vuole, ciò che ci dà il piacere immediato nello scriverlo e/o il piacere di rileggerlo, e anche nel potere liberatorio di scrivere qualcosa di completamente Assurdo. Credo più alla necessità di piccole quantità di Assurdo in storie comuni, perché spesso è la minima quantità a fare il massimo effetto.
Non mi piace l'assurdo e la bizzarria fine a sé stesse, l'arrogante snobismo di chi ti sbatte in faccia una storia scritta con i piedi e alle tue critiche protesta: "Ma guarda, tu non capisci! La tua visione è così disgustosamente limitata! Non è Assurdo? Non è Bizarro? Non è geniale e totalmente fuori dai canoni? Questa è vera letteratura, questa è vera scrittura, non quella di voi pecoroni strozzati dalla convenzione!"
Beninteso che non sto parlando di Absurd is The Way, ma di altri blog che ho avuto modo di visitare per anni, facendomi un'idea di chi li scriveva. Per me, vale sempre la regola che tu puoi scrivere tutto quello che vuoi, ma nel momento in cui me la fai leggere io sono libera di dirti che a me fa schifo. E non vale rispondermi che mi fa schifo perché sono così terribilmente out e di mente chiusa.
Ho trovato un estratto da un'intervista volta a spiegare il genere Bizarro, che vi riporto qui:
D: Scegli la tua storia preferita fantasy o fantascienza non-Bizarro e fai un esempio di come sarebbe differente se scritta nell’ottica del Bizarro.
R: Molta gente pensa che la fantascienza sia narrativa weird. Ma il punto è che la gran parta delle storie di fantascienza hanno un solo elemento weird. Con il Bizarro, ce ne sono tre o di più. Perciò per rendere una storia di fantascienza Bizarro, bisogna aggiungere due o più elementi.
Dato che le storie di fantascienza e fantasy che preferisco tendono già molto al Bizarro, semplicemente sceglierò una storia che è familiare a tutti:
Jurassic Park – l’elemento weird, che rende la storia fantascienza, riguarda uno zoo per i dinosauri. Aggiungiamo un altro elemento di weird, cambierò i personaggi da un’allegra famigliola di scienziati a un gruppo di pornografi che hanno fatto irruzione nel parco per filmare video porno di zoofilia con i dinosauri. Per il terzo elemento weird, farò in modo che l’avere rapporti sessuali con i dinosauri in qualche maniera doni superpoteri agli attori porno. Ecco qui, la storia sarebbe weird a sufficienza per essere catalogata Bizarro. Non sono sicura sarebbe una buona storia, ma sarebbe Bizarro.
Con tutto il rispetto, ma chi avrebbe davvero voglia di leggere una boiata del genere? Sinceramente. Io no. Credo che il bizzarro, l'assurdo e la stranezza nascano prima di tutto nella mente delle singole persone: ciascuno di noi ha una sua concezione dell'assurdo, per questo sono convinta che troppo Assurdo fine a sé stesso finisca solo per confondere le idee a chi lo scrive e a chi lo legge e, punto fondamentale, finisce per non dire niente a nessuno. Che è quanto di peggio possa accadere in Letteratura. Non dire niente.
Non mi piace l'accanimento contro la Convenzione. Sarebbe come dire che tutto ciò che è convenzionale, anche solo raccontare una storia con inizio, svolgimento e fine (che, come sappiamo, possono anche essere scambiati come preferiamo) è male, banale, noioso e costrittivo, e chi segue la convenzione non è altro che un povero narratore frustrato al quale hanno tarpato le ali. No. Perché mai? Si possono raccontare storie sempre nuove e vive, come nessuno ha mai fatto prima, anche con semplici regole elementari. Anche le note musicali, di base, sono solo sette, no?

Non esiste un modo giusto di raccontare. Ma soprattutto, non credo che ci sia bisogno di trovare continuamente giustificazioni alla letteratura e allo scrivere. Di che cosa dovremmo mai giustificarci? Noi scriviamo. Tutto qui. Cosa, è il gradino successivo. Ma prima di tutto scriviamo. Quindi, meno lunghe e intricate disquisizioni sul perché si dovrebbe o non si dovrebbe scrivere, e scriviamo di più. Di qualunque cosa.

Inchino, e spade nel fodero.

domenica 1 gennaio 2012

Happy New Year

And indeed there will be time
For the yellow smoke that slides along the street,
Rubbing its back upon the window-panes;
There will be time, there will be time
To prepare a face to meet the faces that you meet;
There will be time to murder and create,
And time for all the works and days of hands
That lift and drop a question on your plate;                               
Time for you and time for me,
And time yet for a hundred indecisions
And for a hundred visions and revisions
Before the taking of a toast and tea.

  In the room the women come and go
Talking of Michelangelo.

  And indeed there will be time
To wonder, "Do I dare?" and, "Do I dare?"
Time to turn back and descend the stair,
With a bald spot in the middle of my hair—                               
[They will say: "How his hair is growing thin!"]
My morning coat, my collar mounting firmly to the chin,
My necktie rich and modest, but asserted by a simple pin—
[They will say: "But how his arms and legs are thin!"]
Do I dare
Disturb the universe?
In a minute there is time
For decisions and revisions which a minute will reverse.

  For I have known them all already, known them all;
Have known the evenings, mornings, afternoons,                      
I have measured out my life with coffee spoons;
I know the voices dying with a dying fall
Beneath the music from a farther room.
  So how should I presume?
(...)

And would it have been worth it, after all,
After the cups, the marmalade, the tea,
Among the porcelain, among some talk of you and me,
Would it have been worth while,                                             
To have bitten off the matter with a smile,
To have squeezed the universe into a ball
To roll it toward some overwhelming question,
To say: "I am Lazarus, come from the dead,
Come back to tell you all, I shall tell you all"
If one, settling a pillow by her head,
  Should say, "That is not what I meant at all.
  That is not it, at all." 

(The Love Song of J. Alfred Prufrock - Thomas Stearns Eliot)