mercoledì 4 luglio 2012

Merrick la strega


Ho aggiunto un'altra tacca al mio personale elenco di letture delle Vampire Chronicles, e stavolta si tratta di Merrick la strega. Ora, gli ultimi episodi -ma forse è meglio definirli spin-off- delle VC non mi erano piaciuti molto: Armand il vampiro ha delle serie cadute di stile, mentre Pandora, per quanto accurato, era semplicemente noioso, incentrato per i tre quarti sul contesto storico e per l'ultimo quarto sul lato vampiresco. E ora Merrick. Cosa si può dire?
Mah, io l'ho definito scherzosamente un motore diesel. Ingrana molto lentamente, finalmente parte con decisione, ma non fai in tempo a sentir cantare il motore che sei già arrivato a destinazione. Insomma, a caldo non è tanto male. Però ormai ho capito che niente eguaglierà la vitalità e la meraviglia di Scelti dalle tenebre e La regina dei dannati. La storia non è altro che un lunghissimo flashback per presentarci il nuovo personaggio di Merrick attraverso gli occhi di David Talbot, ed è autoconclusiva nel senso più stretto del termine. Tre quarti di libro per raccontare il passato, e poi le azioni cruciali si svolgono in fretta nell'ultimo pezzo.
Ho sofferto del ruolo marginale dei nostri beniamini: Lestat messo da parte a fare il bell'addormentato, i vampiri più antichi che neanche si fanno vedere, mentre l'unico finalmente un pochino rivalutato è Louis, che però resta comunque da parte perché la narrazione in prima persona è riservata a David. Ho dovuto arrendermi al lungo flashback sulle origini di Merrick, sopportando molte pagine in cui si tergiversa, prima che la storia cominciasse a diventare interessante.
Ho apprezzato il ritorno del Talamasca, e un dettaglio che è frequentissimo nei libri della Rice: quello che io chiamo lo "spaccato di vita". Ogni tanto lei accelera la normale narrazione per fare un racconto "a volo d'uccello" (o a salto mortale carpiato) sulla vita di uno dei suoi personaggi, e riesce a dare una carica frenetica e un'emozione a queste descrizioni che io ho sempre apprezzato tantissimo. Lo fa con Lestat e Nicki a Parigi, lo fa con Jessica, lo fa con Armand e Daniel. E ora lo fa con Merrick, e la sua vita nel Talamasca. Quello è stato uno dei pezzi che mi è proprio piaciuto. Una cosa che contraddistingue i personaggi della Rice, spesso, è proprio il racconto di una vita frenetica, eccitante ed emozionante (molto più di quella dei lettori... ecco perché mi piacciono tanto, sigh.) guidata da una curiosità insaziabile. E, mi permetto di aggiungere, da un sacco di soldi. Quasi tutti i personaggi di Anne Rice, uomini e vampiri, prima o poi hanno il grande lusso di potersi permettere tutto, economicamente parlando. Così che la vita e la crescita di Merrick come protetta del Talamasca è eccitante e piena di scoperte come quella di Jesse, altro personaggio che avrei tanto voluto vedere tornare in scena... e che mi piace più di Merrick.
Però tutto questo non basta: le scoperte e le rivelazioni del flashback restano piuttosto tiepide, e il presente è un lungo tira e molla su quanto sia meravigliosa questa Merrick. I dialoghi tra Louis e David non sono male, però continua a mancare qualcosa. (inutile che specifichi cosa, anzi, chi...)
Gli ultimi capitoli prendono e incalzano di più, e il finale è toccante e interessante, però ho avuto la sensazione che quello di David fosse il punto di vista meno adatto: cose come la trasformazione di Merrick accadono fuori scena, e anche il salvataggio di Louis è visto dall'esterno e con poco coinvolgimento emotivo.
Sarebbe stato interessante sapere cosa avrebbero avuto da dirsi Louis e Lestat dopo che il primo aveva evocato Claudia e tentato di uccidersi al sole, e il secondo si era risvegliato dopo anni di letargo. Ma anche quello, fuoriscena non pervenuto ai lettori.
Insomma, carino, con alcuni dettagli interessanti, scritto meglio di Armand o Pandora, ma non aggiunge né toglie nulla alle Vampire Chronicles. Credo che la Rice abbia messo da parte Lestat con la storia di Memnoch perché ormai non sapeva "dove mettere" il suo stesso personaggio per farlo stare buono e permetterle di inserire gli spin-off sui comprimari. 
Però, tristemente, qualcosa si è perso nei suoi ultimi libri sui vampiri. Io ho visto sparire quasi del tutto quell'ironia, energia e freschezza che rendono così speciali il secondo e il terzo libro. Pur trattando di cose meno scabrose, per assurdo, sono più cupi e malinconici che mai. Piatti, quasi. È anche per questo che ancora non mi va di leggere il quinto libro, Memnoch: non mi ispira per niente, e sembra essere proprio il punto di rottura con lo stile che tanto amavo. E poi, come dicevo anche leggendo Armand che è imbevuto di teologia spicciola fino all'esasperazione, a me non importa di Dio e del Diavolo. Di teologia ce n'è già abbastanza negli altri libri: preferisco le teorie e le domande irrisolte; non voglio leggere di Lestat che vede il paradiso e l'inferno. Mi piacciono molto di più le avventure notturne di un comune vampiro settecentesco, o di uno metropolitano, senza bisogno di impegolarsi con le "alte sfere" o la storia della creazione. Non è questo che cerco in un libro.

Per questo penso di avere finito con le Vampire Chronicles, a meno che un giorno non mi venga la malaugurata idea di leggere anche Memnoch, ma temo che sarebbe un'altra delusione. Posso continuare a rileggere la prima trilogia -ma anche Il ladro di corpi non è male- e per me Scelti dalle tenebre resterà sempre il miglior lavoro delle VC.