domenica 31 marzo 2013

n.d.A.

" -Sono stanca di questa storia- ribattei prima di pensare bene a cosa avrei dovuto dire.
- Non capisci che chiunque può mettere insieme una storia senza struttura? Chiunque può inventare delle azioni a caso e legarle tra loro. I bambini lo fanno di continuo. La vera abilità è un'altra, come dice Claudia: trovare modi originali di fare ciò che Aristotele dice di fare, che non si riduce a seguire semplicemente le sue istruzioni. Bisogna lavorare duro per creare un capovolgimento che non sia un cliché, o per ottenere una agnizione che non si basi semplicemente su una dimostrazione o su una "improvvisa intuizione" o su qualcosa che l'eroe ha sempre saputo, ma sul crescendo dell'azione e della tensione dell'intera trama. Dovresti rileggere Aristotele, perché ti dice non soltanto come scrivere le storie sulle bottiglie d'olio, ma anche tragedie ben fatte e pregne di significati. E sì, anche quelle sono più o meno prevedibili. Ma, secondo Aristotele, una delle cose fondamentali che uno scrittore deve fare è stupire il lettore o lo spettatore, anche se la storia in sé si basa su una formula ed è scritta in accordo ai principi di probabilità e di causa ed effetto. È una grande arte quella di realizzare un quadro che riesca a stupire il pubblico, ma ancora di più quando il pubblico si rende conto di avere avuto tutti i pezzi fin dall'inizio. - "

(Scarlett Thomas - Il Nostro Tragico Universo)

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mercoledì 20 marzo 2013

Soggetto Leggente

Sono convinta che non si possa essere un "soggetto scrivente" se non si è, o si è stati, un soggetto leggente.
Io leggo. Tanto. Spesso fino a farmi venire il mal di testa, spesso -grazie alla mia considerevole quantità di tempo libero- nel corso di una sola giornata mi si può trovare rintanata ora in un angolo della casa, ora nell'altro, ma sempre con un libro in mano, e con quel segnalibro che avanza inesorabile finché non giro l'ultima pagina, poso il libro, e con la stessa espressione dell'ubriacone al bar dico: "Un altro!"
Oltre a leggerli, io compro volentieri i libri. Con quelli più di ogni cosa sono a rischio acquisto compulsivo, specie quando quei maledetti se ne stanno lì a fissarti dallo scaffale nelle loro edizioni economiche così lucide e maneggevoli che sembrano dirti: "Prendimi, sono piccolo, carino e perfetto da portare in borsa!"
Grazie a questo vizio ho preso anche delle belle cantonate, spendendo soldi per libri che promettevano tanto, ma poi si rivelavano ciofeche. D'accordissimo col principio di leggere qualsiasi cosa, perché solo leggendo libri mediocri si riconosceranno quelli veramente belli, ma la cosa diventa dispendiosa quando per ogni libro bello ce ne sono dieci brutti, e tutti costano sui diciotto euro.
Per questo sono assolutamente favorevole a rivalutare le biblioteche, che mi hanno regalato molte tra le migliori letture degli ultimi anni.
Una curiosità: io che la biblioteca l'ho frequentata fin da quando ero bambina, per un lungo lasso di tempo a cavallo degli anni del liceo l'ho snobbata quasi completamente: all'epoca preferivo ancora l'acquisto compulsivo e lo scambio di libri tra amiche che come me erano soggetti leggenti. Dopo averci lavorato, ho riscoperto un mondo che già amavo.
Non ho smesso di comprare i libri: è una spesa che faccio davvero volentieri, e per me comprare un libro è anche un modo di premiare un autore che mi è piaciuto.
Non mi hai convinta? Grazie, è stato bello, ma il libro se ne torna in biblioteca e verrà dimenticato. Mi hai convinta? Di corsa in libreria, questo lo voglio.
Mi piace avere i libri tutti per me, vederli sugli scaffali di camera mia, portarmeli in giro, averli a portata di mano accanto al letto per quando voglio rileggermi un paragrafo che mi piaceva e poi mi trovo a rileggere l'intero libro da capo. Mi piace il libro come oggetto. Per questo, favorevole all'e-book come opzione, ma mai come sostitutivo. E poi ho una sorta di legame sentimentale imbarazzante coi libri che mi sono piaciuti: quando vado in libreria non guardo solo le novità, ma passo sempre nelle mie sezioni preferite, mi emoziona vedere che quella libreria ha tutta la bibliografia di un'autrice che adoro, mi ringalluzzisco quando vedo la ristampa moderna di una saga fantasy che ho amato alle medie, mi piace vedere i miei romanzi preferiti farmi ciao dagli scaffali. Mi piace anche vedere chi viene e chi va: sono felice quando vedo qualcun altro leggere i miei libri preferiti, per questo mi piace tanto vedere quegli stessi volumi nelle librerie e proposti sugli scaffali delle biblioteche.
Ben vengano le librerie, quindi, anche se il loro vero problema è la loro limitatissima scelta. Perfino le più grandi offrono solo ed esclusivamente le novità più blasonate, e se il libro che cerchi è appena più datato o appena meno famoso, nel migliore dei casi devi ordinarlo e nel peggiore è introvabile.

Biblioteche, quindi.
L'unico modo di leggere gratis e allo stesso tempo rovesciare le statistiche è abbuffarsi in biblioteca e poi premiare con l'acquisto solo chi se lo merita.

 Ora, secondo me, non è vero che gli italiani non leggono. Altrimenti non si spiegherebbe il surplus di libri nella sezione "novità", tutto quel caleidoscopio di copertine lustre, patinate e scivolose, colorate, luccicanti, zeppe di titoli allusivi. I libri vendono: quindi sembra proprio che gli italiani qualcosa leggano, tutto sommato.
Posso essere d'accordo su una cosa: gli italiani (nel senso della maggior parte dei soggetti che acquistano libri e finiscono nelle statistiche) non leggono... niente che non sia adeguatamente precotto, frullato, ben confezionato e servito con una bella patina pubblicitaria.
Che il libro sia brutto o bello (ci sono anche i libri patinati e belli, ebbene sì) non importa, l'importante è che l'editore ci imbocchi col cucchiaione. Diavolo, se ne parlano tutti e se la copertina è così luccicante, allora devo leggerlo. Poi magari nessuno si ricorderà di cosa parlava la trama.

domenica 10 marzo 2013

Ragazze non troppo per bene - recensione


Cominciamo col dire che la traduzione del titolo e la copertina fanno davvero un pessimo servizio al libro.
A scanso di equivoci: lo presentano come qualcosa sulla linea di Come diventare bella, ricca e stronza, Falli soffrire, Perché gli uomini sposano le stronze... Bene, NON appartiene a questa sfilza di manuali che pretendono di farti diventare una "vera donna" con tanto di pseudo-pornocopertina.
Pornocopertine. Siamo qui per fare vendere di più il libro!

Chiusa parentesi.
Questo libro, scritto da Susan Jane Gillman, mi è capitato tra le mani un giorno in libreria, ho cominciato a sfogliarlo e ho notato subito tantissime frasi che hanno catturato subito la mia attenzione. Per una volta non mi trovavo davanti ad un bel pacchetto di frasi fatte e zuppa precotta. Potrei citarvi qualche esempio:
- Scordatevi le regole per accalappiare un marito. Parliamo delle regole per accalappiare la vita.
- "Cosa vogliono le donne?" Essendo stata redattrice di una rivista femminile -ed essendo io stessa una donna- ho scoperto che oggigiorno la maggior parte delle donne vogliono due cose: 1) qualche consiglio intelligente e pratico su come muoversi nel mondo e 2) ridere. Idealmente vogliamo entrambe le cose allo stesso tempo.
- Se non riusciamo ad amare il nostro corpo, rompiamoci tutte e due le gambe. 
Mi ha convinta e l'ho preso per leggermelo tutto. E non sono stata affatto delusa.
Il libro è brillante e graffiante, un piacere da leggere: parla di cosa serie -e lo sa- ma non per questo si scade nel tragico o nel polemico. Ma nemmeno si esagera con la leggerezza e il semplicismo, come troppo spesso succede con questi libri. Tiene perfettamente fede ai suoi due principi iniziali. È vero: noi donne vogliamo ridere, e vogliamo qualche consiglio pratico. Un piacere da leggere.
Spesso forse il linguaggio è fin troppo spigliato, fin troppo "slang newyorkese" (sul sesso è schietto, spiccio e brutale: NON è per ragazzine) ma d'altra parte si fa perdonare perché non è affatto superficiale e tuttavia riesce a non prendersi troppo sul serio.
Non sono istruzioni per l'uso: è satira. Satira e parodia, ma con intenti molto seri e molto interessanti. Niente viene ignorato o risolto con qualche ricetta per la felicità prefabbricata: non ci sono le regole d'oro della vera donna vincente da seguire, né manuali di auto-aiuto. Si parla anche di questioni come la bellezza e l'ossessione per il corpo, ma grazie al cielo queste prendono solo tre capitoli, e non tre quarti di libro. 
Il tema è la vita. La realtà. Il lavoro. L'amore. Le persone. La realizzazione personale. L'essere disposte a lottare con le unghie per quello che si vuole e che si merita; il non accettare di essere ignorate, l'alzare la voce e l'uscire dai gangheri quando serve veramente. L'essere libere dall'auto-imposizione di dover sempre piacere a tutti, a tutti i costi.
Un libro semplice, senza pretese e liberatorio: ecco come lo descrivere.
Penso che il suo messaggio sia valido per tutti, sia uomini che donne, anche se si basa prevalentemente sull'esempio femminile. Ma la sostanza non cambia.
Quindi, abbiate coraggio. Incazzatevi, quando serve. Riconoscete le cose sbagliate quando le vedete, e riconoscete le cose belle. E non arrendetevi. Mettete nella carriera la stessa ostinazione che le nostre nonne vorrebbero vederci mettere invece nella ricerca di un marito. Siate oneste, invece di voler fare le affascinanti e "le migliori" a tutti i costi.
Per ovvie ragioni mi è piaciuto molto il capitolo dedicato ai vent'anni. E non posso che plaudere a tutte le donne che incoraggiano le altre donne a "calzare un paio di Doc Martens psicologiche e avventurarci senza paura in cerca d'amore, di gloria e d'avventura."

venerdì 1 marzo 2013

Flashback di scuola

Pensierino del pomeriggio...
Più di una volta ho sentito insegnanti che, parlando di uno studente particolarmente bravo e partecipe -o anche semplicemente di un buon secchione- immancabilmente concludevano il discorso dicendo che tale studente/studentessa avrebbe dovuto "trascinare la classe".
Eh no, dico io.
Cari professori, essere in grado di "trascinare" e coinvolgere la classe nelle vostre lezioni è il VOSTRO lavoro. Per un secchione, non farsi odiare è già abbastanza difficile anche senza le vostre stupide idee.