venerdì 12 dicembre 2014

PopCo - Leggere Scarlett Thomas è un esercizio mentale



 http://www.qlibri.it/images/stories/jreviews/3363_PopCo_1233506590.jpg


Cosa sta succedendo a Alice Butler, esperta in crittoanalisi e ideatrice di nuovi prodotti per la PopCo, terza multinazionale del giocattolo al mondo? Perché l’azienda ha deciso di isolare lei e altri creativi in un complesso sperduto nella brughiera inglese? Chi si nasconde dietro i messaggi in codice che negli ultimi tempi qualcuno le invia? Si tratta di pericolosi avvertimenti o queste curiose sequenze alfanumeriche celano un intrigante segreto? Quando emerge in tutta chiarezza che gli avidi manager della PopCo sarebbero pronti a tutto per accaparrarsi nuove fette di mercato, ecco che la giovane matematica scopre di non essere sola. Alle scrivanie della PopCo, infatti, siedono altri impiegati sovversivi.”

Rileggo PopCo.
E intanto sono in balia di pensieri contrastanti, perché non faccio che ricordarmi che, ogni volta che mi trovo a consigliare i libri della Thomas, finisco per dare la ben poco esauriente motivazione: “Devi leggerlo per capire!”
Eppure no, stavolta devo riuscire a spiegare i motivi. Se avessi delle sorelle più piccole vorrei che leggessero questo libro, eppure sentirei il bisogno di passarglielo insieme ad un manuale di istruzioni.
In fondo è il motivo per cui non si mettono certi libri in mano a bambini troppo piccoli: ti manca l’esperienza per capire cosa puoi prendere per buono e cosa invece scartare o semplicemente non prendere sul serio. Non sei ancora abituato a scavare per capire che cosa c’è sotto.

Perché vorrei che lo leggessero? Beh, banalmente perché dà un sacco di cose a cui pensare. 
È un libro difficile da leggere, e soffre dei difetti tipici di questa scrittrice: ma il bello è che, se non ti interessa il trattato di cinque pagine su questioni matematiche, puoi saltare tutto quanto e tornare alla trama, che diventa veramente interessante a partire da metà libro e per fortuna non smette più. 
Non sono sicura che sia “un buon libro” come lo intendo di solito, perché divaga, ti costringe a seguirlo dove magari non avevi intenzione di andare, interrompe la narrazione proprio quando stava diventando interessante, non ti descrive fisicamente i personaggi ma ti fa conoscere la loro vita.
I libri della Thomas hanno sempre un approccio piuttosto rude e confusionario.
Ma, nonostante tutto, consiglierei di leggere questo semplicemente perché parla della vita, di come è possibile sopravvivere al periodo scolastico, di omologazione, di ricerca di identità, di società, di capitalismo, di marketing e pubblicità, di consumismo, di sfruttamento.
Rileggo ancora oggi a ripetizione i capitoli dell’infanzia della protagonista e del suo calvario durante il periodo scolastico, e continuo a pensare che all’epoca avrei voluto qualcuno che mi spiegasse come ribellarmi alla tortura del bullismo, dell’emarginazione e delle prese in giro. Avrei voluto qualcuno che mi avesse insegnato a resistere e a tenermi stretta la mia identità, come ho imparato a fare solo molto più tardi.

Inoltre, è una storia particolare, perché di questi tempi parte il lancio di uova marce se si viene a sapere che un libro tratta di animalisti e di vegani.
Sì, parla anche di quello, e più di una volta si schiera neanche troppo velatamente dalla loro parte. Però è stato scritto alcuni anni fa nel "lontano" 2007, quando ancora la moda dei vegani estremisti incazzati e degli anti-vegani ancora più incazzati non era così virale su internet, e affrontare un discorso al riguardo non provocava sputi in faccia.
L’opinione pubblica non era ancora così incattivita come è adesso, al riguardo. Mai come di questi tempi, soprattutto grazie a facebook, i flame su internet sono stati così tanto arrabbiati.
Io penso solo che gli animalisti e ambientalisti veri non siano quelli che scatenano flame su internet.

Però io continuo a pensare che in realtà PopCo non sia stato fatto per essere schierato. A volte lo è, come quando demonizza la figura del medico aziendale “spacciatore di medicine” a favore della medicina naturale e alternativa. Ma è questo il punto: sono libera anche di non essere d’accordo col libro, o meglio con i suoi personaggi. Sono i personaggi a discutere dello stile di vita vegetariano/vegano, ed essendo personaggi non è detto che abbiano ragione loro. Noi lettori veniamo lasciati liberi di farci la nostra opinione, ascoltando le loro ragioni più o meno valide.
Io non potrei mai essere vegetariana, tanto meno vegana. Ma ho trovato interessanti gli spunti di riflessione offerti dal libro.
Per leggere Scarlett Thomas, non devi necessariamente essere d’accordo con lei. Quello che mi ha sempre affascinata è il modo in cui esprime le sue idee, i flussi di coscienza dei suoi personaggi che assomigliano così tanto a ciò che succede regolarmente dentro la mia testa: ed è anche vero che sicuramente i suoi personaggi femminili saranno tutti un ricalco delle sue esperienze personali, e si vede, eppure trovo che questo li renda veri.
Non penso che scriva bene sempre: trovo “L’isola dei segreti” un buco nell’acqua e “Il giro più pazzo del mondo” un libro carino ma molto al di sotto delle aspettative. Eppure trovo sempre qualcosa che mi serve, qualcosa da portare con me, nei suoi libri.
Per questo è necessaria un po’ di esperienza: non puoi leggere questi libri e arrivare al finale pensando “è un bel libro positivo con un bel messaggio giusto da assimilare” Troppo facile. Ci devi pensare, devi esserti fatto una tua idea, e vieni lasciato con una domanda: con cosa sei d’accordo? In cosa potresti scegliere di credere?
Ecco, se avessi delle sorelle più piccole, vorrei che lo leggessero per questo.

martedì 11 novembre 2014

Novità scrittevoli


Il "progetto libro" è ufficialmente partito, e devo dire che sono molto fiera di averlo visto muovere i primi passi.
Le Lacrime di Ishtar ha avuto un'accoglienza calorosa, malgrado l'interminabile serie di piccole sviste e di difetti che accompagnano sempre un progetto ambizioso come l'autoproduzione e il fatto in casa. Ma, non di meno, questo è un inizio!

Una piccola parentesi per due cose che mi vengono chieste spesso: ebook e fiere.
Non esiste ancora la versione ebook, ma ci sarà sicuramente fra un po' di tempo. Dovendo valutare attentamente ogni passo che faccio, l'avanzata è lenta. Non escludo di allargarmi sia all'ebook che alla vendita su amazon e altri store online, anzi, conto di farlo: semplicemente, la strada è ancora lunga.

Riguardo agli stand in fiera: conto di fare sicuramente anche quelli, anzi, saranno di vitale importanza. A sapere un anno fa che ad ottobre avrei pubblicato il libro, forse avrei potuto muovermi per tempo e chiedere lo stand a Lucca... tuttavia, quella fiera è così grande che i costi sono veramente proibitivi, e le selezioni per essere ammessi sono durissime. 
Ma invece è probabile che si riesca ad ottenere uno stand in fiere nostrane più piccole, quindi continuo a sperare bene. 
Come per il resto, è ancora molto presto per fare previsioni accurate.

Sono online sia la mia pagina facebook da autrice, sia il nuovo BLOG costruito apposta per essere una piccola vetrina ufficiale del libro comodamente consultabile, con tante novità tra le quali il prologo che potete ora leggere gratuitamente!
Inoltre, recentemente il libro è stato messo anche su aNobii, quindi, se vorrete lasciarmi un giudizio o anche solo un voto non potrà che farmi piacere, perché l'unico modo che ho per sapere se la strada che sto percorrende è quella giusta, è la voce dei lettori.

Che altro dire: dare la propria creatura in pasto al mondo è sempre un salto nel buio. È un po' come fare uscire le tue idee dalla pappetta primordiale che le ha generate e vederle cominciare a guardarsi attorno. 
Ma è quello che volevo, e per ora va bene così.

Fly, Son! by CaptainLaura

giovedì 23 ottobre 2014

RVH: Ascesa alle Tenebre - Recensione


È vero che si scrive, ma intanto naturalmente si continua anche a leggere!
Parliamo del libro che mi ha tenuto piacevolmente compagnia la scorsa settimana… Raistan Van Hoeck – Ascesa alle Tenebre, di Lucia Guglielminetti.

Sono incappata in questo libro come mi succede la maggior parte delle volte: per caso. Ho scoperto la scrittrice su internet, e mi sono incuriosita: complice anche il suo sito, dove è possibile leggere parecchie anteprime del suo lavoro, e quindi dare anche un corposo assaggio prima di decidere se i libri ti interessano.
Mi interessavano molto, ma ammetto che non sapevo esattamente cosa aspettarmi quando ho dato una possibilità a RVH. La storia è quella di Raistan, nato nell’Olanda del 1677, e tramite le sue memorie si ripercorre la sua vita: quella da umano, e quella che comincia con la sua rinascita da vampiro.
Prima impressione? Era esattamente quello che avevo voglia di leggere in questo periodo. Sono sempre alla ricerca di qualche racconto sui soprannaturali che abbia il sapore di qualcosa tra Anne Rice e Vampire the Masquerade, e fino ad ora nessuno dei libri urban fantasy recenti che mi era capitato di leggere mi aveva davvero soddisfatta. 

Non mancano alcuni difetti: anche se la maggior parte, ci tengo a precisare, riguardano questioni di stile. E di gusti, ovviamente. A me, per esempio, non piace molto la narrazione in forma di diario. Di solito apprezzo sia la narrazione in prima persona che i salti temporali: ma, in questo caso, i pezzi narrati al passato prossimo invece che al passato remoto mi smorzano moltissimo l’immediatezza di una scena.
L’inizio è frettoloso, come se fosse un punto del racconto su cui non vale la pena soffermarsi. Ci sono alcune frasi ricorrenti che stonano: avrei evitato le continue spiegazioni rivolte al lettore, che più volte rimarcano come “a quel tempo si facesse così”, e spesso si incappa in termini troppo moderni. È vero che il Raistan dei nostri tempi potrebbe usarli, essendo lui la voce narrante, ma ogni tanto semplicemente stonano all’interno di una scena ambientata nel settecento. (“come un alieno”, “le loro espressioni erano da filmare”, eccetera)

Per quanto riguarda non lo stile, ma i personaggi: Raistan è un protagonista carismatico, lui e Shibeen spiccano sopra tutti gli altri, ma anche i comprimari riescono ad essere piacevoli. È quasi un peccato che il Raistan bambino e umano sia così buono e caro, senza nemmeno un’ombra della persona che diventerà in futuro: non mi sarebbe dispiaciuto vedere qualche sprazzo più cupo e “selvatico” nel bravo bambino olandese che se ne va di casa in cerca di fortuna senza altra compagnia che quella del suo cane.
Shibeen: poteva essere banale, e invece non la è stata affatto. Poteva limitarsi a ricoprire il suo ruolo di creatrice e poi scomparire sullo sfondo, invece sono stata felice di vederla presente per la maggior parte del libro. L'unica cosa che mi è sembrata strana è il modo repentino in cui lei decide di cacciare Raistan di casa dopo averlo trasformato, anche se è per la sicurezza della sua famiglia. Lo seguiva da così tanto tempo che ci si aspetterebbe di vedere più ostinazione da parte sua, o almeno un progetto, un piano per lui: invece dopo pochi giorni è pronta a mandarlo via. Inoltre, anche più avanti, forse sarebbe stato più credibile se l’iniziativa di mettersi in viaggio fosse partita da lui invece che di nuovo da Shibeen.

SPOILER!
La parte centrale, dal 1705 al 1750 con la nascita come vampiro e tutto quel che ne consegue, è stata la mia preferita. Però non ho potuto fare a meno di notare che alcuni episodi rispecchiano fin troppo perfettamente Intervista col Vampiro: come l’avvelenamento da assenzio e laudano, seguito dal fuoco e dal periodo di “coma” in acqua, anche se messi in un contesto diverso. Tuttavia, sono ben narrati. E tutto il pezzo successivo riguardo il recupero di Raistan, stavolta raccontato da Shibeen, è molto sentito.
C’è una forte alternanza di pezzi molto intensi e di pezzi un po’ troppo rapidi. L’incontro con Stefan sembra contenere un bel po’ di dettagli molto importanti: lui ha caratteristiche evidentemente fuori dal comune per essere un vampiro, e la sua amicizia con Raistan sembra essere un dettaglio da non sottovalutare. Tuttavia, dura pochissimo. E, peggio ancora, sappiamo già che fine farà in futuro! È un peccato: era proprio necessario rovinare la sorpresa?
Anche l’intera parte terza, il “Qui e Ora” che in teoria dovrebbe essere la trama portante del libro, soffre della stessa fretta e della narrazione al passato prossimo. Stavolta, al contrario di quanto accadeva ne “Il racconto di Shibeen” ho trovato molto limitante lo stile di scrittura: gli eventi raccontati sono tantissimi e molto importanti, ma sono drasticamente ridotti in forma di lettera, e quindi buona parte del brivido della storia si perde.
Mi è spiaciuto. Nel complesso, se il libro fosse stato più lungo perfino di cento o duecento pagine pur di raccontare nel dettaglio –o con un diverso pov- gli ultimi avvenimenti, sarebbero state duecento pagine che avrei letto volentieri.
Non ultima, la sensazione che manchi un pezzo. So che i salti temporali sono tutti quanti voluti, ma la “mancanza” mi è rimasta. Si parla molto della famiglia degli Andrews, umani particolarmente importanti per Raistan per via di qualcosa accaduto in passato, ma soprattutto di Greylord, capo dei licantropi, e di come ad un certo punto della sua vita Raistan sia stato suo prigioniero e sottoposto a torture, cosa che li porta a combattersi per il resto della vita. Questo ci viene solo accennato: la storia per intero, infatti, dovrebbe essere raccontata nel secondo libro della serie. Ma questo primo libro si conclude, ai giorni nostri, con la loro reciproca collaborazione che sfocia perfino in amicizia.
Ecco, io avrei voluto vedere Raistan e Greylord nemici, prima di vederli amici: altrimenti come faccio a sorprendermi per l’evoluzione e il cambiamento dei personaggi?

Nel complesso, comunque, si tratta di un libro che mi è piaciuto e che ho letto molto volentieri.
Ed è molto probabile che decida di leggere anche i seguiti, visto che pare che andranno a colmare proprio le lacune temporali non ancora raccontate nel primo. Finora mi ispira, e mi fido. Mi piace l’universo creato attorno a Raistan, e mi piace che l’autrice sembri intenzionata a sfruttarlo ed esplorarlo nei libri seguenti: il suo stile promette bene, e se si rivelerà una di quelle autrici destinate a migliorare di libro in libro… allora sarà un vero piacere seguirne gli sviluppi. Inoltre, si tratta di un'autrice partita sotto casa editrice, e che invece adesso ha scelto la pubblicazione indipendente: anche per questo non posso non offrirle tutto il mio supporto e augurarle in bocca al lupo!

martedì 14 ottobre 2014

Quel che è fatto, è fatto.


Quello che è fatto è fatto: ora si va in stampa.
Vi ricordate il post dell'anno scorso? Bene: la suddetta trilogia ha ufficialmente cominciato a muovere i primi passi, perché giusto due settimane fa mi è stata consegnata la copia pilota del primo libro, che sarà disponibile entro la fine di questo mese.



In altre parole: questo è il mio libro, il primo volume di una trilogia fantasy che attendeva nel cassetto da molto tempo, ora interamente autoprodotta.
Un paio di curiosità visto che siamo qui: autoprodursi, perché?
Visto che c'è molta confusione al riguardo, consiglio gli articoli di Writer's Dream sull'argomento, ma vi dirò anche la mia.
Semplicemente, perché avevo scritto dei libri che ormai mi sarebbe piaciuto fare leggere. Perché volevo che ne esistesse almeno qualcuno, che fosse fatto di carta, che fosse leggibile e sfogliabile. Perché avevo al mio fianco molte persone che questo libro lo hanno letto, criticato, smembrato, commentato, aggiustato, e che hanno dato il loro contributo in modo da renderlo un prodotto non solo dignitoso, ma un buon prodotto. Perché tra editor, beta-reader e copertinista, per la prima volta avevo veramente tutto quello che mi serviva.
Non c'è stata nessuna grande casa editrice a dirmi che, per la modica cifra di poche migliaia di euro, me lo avrebbe pubblicato e mandato in tutte le librerie. Quindi non ho fatto altro che fare un investimento su me stessa, anche se vuol dire che sarò io e solo io ad occuparmi della vendita e della distribuzione: un vero e proprio "fatto in casa", perché significa che sarò anche l'unica a raccoglierne i frutti.

Considero "Le Lacrime di Ishtar" il mio libro dell'adolescenza per due motivi: perché appartiene al filone dei fantasy classici che ho letto e amato da adolescente, e perché è stato scritto e pensato per un target di ragazzi, anche se lo considero rivolto ad un pubblico che può andare dai sedici anni fino agli over trenta senza alcuna distinzione.

A breve verrà completata la pagina facebook ufficiale dalla quale sarà possibile acquistarlo, leggerne qualche assaggio, e ricevere di volta in volta aggiornamenti sulla trilogia e sui miei altri progetti letterari... E naturalmente trovare altri splendidi ritratti dei protagonisti ad opera della copertinista ed illustratrice ufficiale.
Quindi cliccate qui, e accompagnatemi nell'attesa!

mercoledì 17 settembre 2014

Lost in Translation


La pagina ufficiale è quasi esplosa quando è stato dato l'annuncio: 28 ottobre, è la data di uscita di Prince Lestat. Sì, quel Lestat. È in arrivo dopo più di dieci anni il nuovo libro delle Cronache dei Vampiri.
Una notizia fantastica, sicuramente: peccato che, appartenendo al pubblico italiano, mi sa che a noi toccherà una lunga attesa. Solo per dirne una: Blood Canticle, l'ultimo libro delle Cronache, era uscito nel 2003. Quando è arrivato in Italia? 2010. Ahia.
Anche solo dal 2012 ad oggi, Anne Rice ha già scritto e pubblicato non uno ma ben due nuovi libri "di genere", rispettivamente The Wolf Gift e il seguito, The Wolves of Midwinter, di una nuova serie dedicata ai lupi mannari. E, non per dire, sarà anche passata l'onda dirompente ma l'urban fantasy va ancora abbastanza di moda, e la Rice non è certo l'ultima arrivata sul campo.
Eppure sono già passati due anni e ancora non se ne vede traccia sulle librerie italiane, e non so se ne vedremo a breve. Ho dovuto approfittare di una vacanza a Londra per procurarmi The Wolf Gift in lingua originale, ma se ci fosse stato in italiano lo avrei comprato volentieri. 
Che cosa invece è stato tradotto, di recente, della Rice? La trilogia erotica di Sleeping Beauty, annata 1983.
Scritta un sacco di tempo fa, già arrivata in italiano, eppure ora disponibile in tutte le librerie, presentata come novità assoluta, tradotta, in nuova edizione, con nuove copertine patinatissime e nuovi titoli che naturalmente c'entrano poco con la storia e non dicono granché, tali Risveglio, Abbandono ed Estasi
Grazie tante, E.L. James e le sue cinquanta sfumature.
È solo un altro indicatore di come l'editoria italiana -ma non solo quella, temo- importi e traduca soltanto quello che va di moda nell'immediato, snobbando perfino le novità di un'autrice famosa? Ciò che posso augurarmi è di avere una traduzione di Prince Lestat prima di dieci anni, o anche di due. Altrimenti? Altrimenti me lo prenderò in inglese, ovvio.

mercoledì 25 giugno 2014

Memnoch il Diavolo. O "Ma c'era davvero bisogno di Lestat? No."

Dove avevamo lasciato Lestat l'ultima volta?
A "Il ladro di corpi", annata 1992: ambientazione Miami (e successivamente l'intramontabile New Orleans) del 1990, Lestat scambia il suo corpo di vampiro con quello di un umano dotato di poteri psichici. In questa storia, quanto è importante che Lestat sia quello che è, ovvero un vampiro? Fondamentale, direi, poiché tutta la storia ruota sulla perdita della sua condizione di soprannaturale, molti dei suoi ricordi della vita umana passata, e tutto quello che ne deriva.
E ora, Memnoch. Il quinto libro che, fino a poco tempo fa, non volevo leggere.

http://carrieslager.files.wordpress.com/2012/05/memnoch-the-devil-by-anne-rice.jpg

Lestat è a New York, insieme a David. Permettetemi di aprire una minuscola parentesi polemica e invitarvi tutti ad unirvi al comitato "scusate ma non ce ne frega niente di David Talbot". Il suo punto di vista era ciò che rendeva "Merrick" un libro noioso. Fine parentesi. 
Lestat è lì, fa cose da vampiro, vive da vampiro ed è ancora incline alle chiacchiere e ai voli pindarici che ce l'hanno fatto amare o odiare fin dal primo libro: da mesi sta pedinando la sua prossima vittima, ovvero Roger, un gangster che colleziona oggetti d'arte e che ama al di sopra di ogni cosa l'unica figlia, Dora. Lestat è letteralmente ossessionato da loro due, nella sua masochistica abitudine da vampiro che lo fa incaponire per mesi e mesi su di una vittima sola, ubriacandosi di tutte le sfaccettature che può avere un'anima interessante, prima di farsene una scorpacciata.
Nel frattempo, qualcosa non va: Lestat confessa a David di sentirsi da tempo perseguitato da qualcosa di soprannaturale.
Per riassumere, alla fine Lestat si prende la sua vittima, ma inaspettatamente Roger si manifesta sottoforma di fantasma per parlare con lui e -in un lungo capitolo in cui ancora una volta un personaggio secondario ti racconta più o meno tutta la sua vita- pregarlo di proteggere sua figlia. E Lestat lo fa: la raggiunge e si rivela a lei. Ma nel frattempo i suoi piani sono sconvolti nientemeno che dal Diavolo in persona: era la sua presenza quella che il nostro vampiro metropolitano sentiva. E il Diavolo, essendo il diavolo, gli fa un'offerta: venire con lui e sapere tutto sulla creazione, l'inferno e il paradiso, e fare una scelta.

Il libro parte piuttosto bene. Molto bene, specie per me che ero prevenuta fin dall'inizio.
Abbiamo di nuovo il nostro Lestat troppo favoloso per essere vero e troppo ben vestito per essere anche etero. Ma ci piace tanto perché nel giro di qualche capitolo lo vediamo impegnato nello "smaltimento dei rifiuti" che comprende tagliare testa e mani al cadavere della sua ultima vittima e sbarazzarsene separatamente. Gioia e tripudio! Peccato che si senta molto la mancanza dei comprimari: David c'è (l'ho già detto "a nessuno frega di David Talbot?"...), compare perfino Armand, ma la sua resta semplicemente una comparsata. Tutti quanti riappaiono in massa soltanto nel finale e con una certa confusione e noncuranza, ma è una consolazione ben magra in confronto alla quantità di personaggi che venivano presentati, mostrati, conosciuti ed usati nella trilogia originale. Cosa più triste di tutte, di libro in libro Louis sparisce sempre più all'orizzonte. Oh, dai, andiamo. Dopo averla tirata così in lungo? Dopo che la Rice è riuscita addirittura a canonizzare la sua coppia d'oro e a farmela pure piacere? Sono un po' delusa, lo ammetto.

Il brutto è che in realtà Lestat non c'è. Apre solo le danze e, una volta arrivato Memnoch, lui non è lì, non serve, fa l'effetto di Jack Sparrow catapultato dentro l'ennesimo sequel, e pare anche un po' imbarazzato per essere stato preso in causa.
Il punto è che la storia della creazione e della religione raccontata da Memnoch ha il suo fascino, ma non ha niente a che fare con le Vampire Chronicles. Lestat non c'entra un bel niente in tutto ciò, tanto che al pari del lettore se ne starà zitto ad ascoltare per metà del libro. Non importa neppure che lui sia un vampiro, non importa che sia se stesso, ed è questa la cosa più triste. Potrebbe essere Harry Potter come D'Artagnan, e la storia non cambierebbe.
In verità trovo che Memnoch avrebbe potuto essere un racconto, o un libro a sè stante.
Il libro si smorza durante il racconto della vita di Roger, e in alcuni punti del racconto della vita di Memnoch: tuttavia la teoria della creazione e il modo in cui viene narrata è bello e interessante. Avrebbe potuto essere ambientato dovunque, le cose sarebbero potute accadere ad un uomo: anzi, forse l'intera storia avrebbe avuto tutto un altro spessore se pensata come una rivelazione per un uomo comune, invece che una delle tante avventure di un protagonista di una saga già rodata.
La storia di Roger: poteva essere un assassinio accidentale, oppure un regolamento di conti. Non era necessario che il protagonista fosse un vampiro, per ucciderlo. Il fantasma torna a raccontare la sua storia, il protagonista si lega a sua figlia e poi viene contattato dal diavolo. Avrebbe funzionato.
Il protagonista poteva non essere Lestat, e forse sarebbe stato meglio. La cosa tristissima è che qui i vampiri non c'entrano niente. La sensazione che mi ha dato è stata che la Rice a quel punto non volesse più scrivere di vampiri, ma che abbia usato il suo vampiro come biglietto da visita sicuro piuttosto che avere il coraggio di lanciare un'ambientazione tutta nuova.

Purtroppo la sensazione di assurdo si concentra verso il finale quando, al ritorno di Lestat nel mondo reale, mortali ed immortali vengono presi da un accesso di crescente follia religiosa dovuta all'apparizione di una certa reliquia che Lestat ha portato con sè dal suo viaggio. Se la cosa magari è giustificabile per i pochi che sanno con certezza, dalla bocca di Lestat, che quella reliquia è autentica, non la è invece per la moltitudine di umani che cadono in adorazione solo perché di lì a poco uno dei personaggi scende in strada sventolando suddetta reliquia. Quante persone comuni riconoscerebbero a colpo d'occhio una reliquia della Vera Croce o la Sindone? Ma soprattutto a riconoscerla come originale?
Nel finale è ancora più accentuato quanto i vampiri siano in realtà degli ospiti in questa storia: così come il libro si dilunga a volte troppo sul resto, invece va di fretta sul finale. Dopotutto, i suoi stessi vampiri non contano, perciò gli avvenimenti dei capitoli finali sono ridotti all'osso. Perfino lo stile di scrittura diventa ridotto e schematico in modo perfino fastidioso, riassumendo in poche battute striminzite apparizioni invece importanti.
 
Oh, ATTENZIONE: SPOILER e temi scabrosi.
Ma, dopo una buona trama e una narrazione interessante, viene il premio per la caduta di stile per la scena forse più disgustosa mai concepita in un libro di vampiri: ovvero, sesso orale con mestruazioni.
E non importa se la si riveste di significati simbolici, come la fonte della vita o il sangue estratto senza bisogno di infliggere ferite. Diciamocelo: il concetto del morso vampiresco è già di per sé poetico, erotico e pieno di qualunque significato gli si voglia dare. Un cunnilingus non è simbolico per niente. Ho letto perfino commenti di lettori che magnificavano quel sublime gesto di "bere alla fonte della vita"... Proviamo a guardare le cose da un'altra angolazione? Proviamo a scambiare i ruoli? Cosa ne direste di una scena in cui è una donna a recuperare la ragione praticando del sesso orale ad un uomo? È grottesco e fa ridere: appunto.

Ci sono momenti, per uno scrittore, in cui vieni fulminato da un'idea, ma il problema è che non sei assolutamente in grado di giudicare se sia geniale o se sia una cagata. Resta lì, in bilico. È originale, non è ancora inflazionata, ma il dubbio ti rimane.
Ci vuole la prova definitiva: ci vuole il parere dell'editor.
Scott Westerfeld -autore della trilogia di Leviathan- telefonò al suo editor e gli disse: "Sto pensando di usare pipistrelli che cagano chiodi come arma volante di distruzione di massa, per te è geniale o è una cagata?"
L'editor aveva la cena sul fuoco e, tanto per tagliar corto, disse: "Geniale!"
Laurell K. Hamilton -autrice della serie di Anita Blake- chiamò il suo editor per dirgli: "Ho avuto un'idea fantastica, te lo assicuro: cigni mannari! Trovi che sia geniale o una cagata?"
L'editor rispose: "Cagata". La Hamilton licenziò l'editor.
Con tutto il bene immenso che le voglio, la signora Rice probabilmente telefonò al proprio editor per chiedere: "Ho pensato di inserire una scena di sesso orale con mestruazioni, secondo te è geniale o una cagata?"
Sfortunatamente, quel giorno l'editor non era in casa.

mercoledì 23 aprile 2014

Di sfoghi e di fantasmi

Un pomeriggio si parlava di sogni e di fantasmi, una di quelle occasioni in cui una storia tira l’altra, e non si riesce a smettere perché si ride e perché vuoi sapere di più, anche se sai che la tua mente metterà in serbo ogni dettaglio spaventoso per la prossima notte in cui sarai in casa da sola e il tuo cervello sarà particolarmente annoiato.
E, mentre si scherzava sul classico “morirei di paura se mi succedesse davvero”, un’amica disse qualcosa che suonava come: «Mi fa molta più paura pensare che non sia reale. Mi fa molta più paura il pensiero di cercare un lavoro.»
Punfete. Secca.
Per una bizzarra associazione di idee mi sono accorta che capivo perfettamente cosa intendeva, e che la cosa spaventava anche me.
E attorno a me c’erano gli scenari di corridoi bui in cui strisciavano fantasmi di donne e pazzi sbavanti, e sono finita a guardare ognuno di loro negli occhi e dire: «Ciao, apparizione hollywoodiana di quart’ordine. No, scusami se non strillo, non mi va. Qualcosa chiamato realtà mi ha appena risucchiato qualsiasi voglia di strillare o di sobbalzare. Senti, levati di torno, leggenda metropolitana. Spostati, incubo preconfezionato: non è serata. Ah, insistete? Stupidi fantasmi da vetrina, sono ben altri i mostri che si sono appena presentati strisciando alla mia porta, e non se ne andranno! Prendiamo il fantasma del tempo che passa? O delle occasioni perdute? Non ululano né strillano: stanno solo fermi e ti fissano. Ad ogni angolo. E li vedi solo tu. Prendiamo il mostro strisciante e sofferente di una vita che non va da nessuna parte, l’incapacità di dare una qualsiasi forma riconoscibile al proprio presente e al proprio futuro che si traduce nelle molte teste deformi di questa creatura, gli arti che si contorcono, le dita viscide di sangue che ti afferrano per le caviglie non ti lasciano andare? Prendiamo lo spettro urlante delle responsabilità? Quello piangente della solitudine? O prendiamo la banshee urlante e impazzita dell’essere nata artista e quindi profondamente inutile, mediocre in qualsiasi cosa non sia il pensiero creativo (ma solo quello, il pensiero), non abbastanza intelligente da essere un genio ma non abbastanza stupida da essere brava in un “lavoro qualsiasi”, non abbastanza mediocre da accontentarsi, non abbastanza ottusa da smettere di chiedersi “perché?” su tutto e quindi restare penosamente immobile; artista, una stramaledettissima artista e perciò incapace di essere qualcosa di normale?!»

Ma tutti i mostri da baraccone si erano già ritirati, gemendo e ringhiando nei loro angoli bui, lasciandomi sola con i miei.

LATE HOURS by mvartist

martedì 22 aprile 2014

Der Spiegel im Spiegel

Ci sono racconti che hanno senso solo nella testa dello scrittore. Altri di cui afferriamo vagamente il senso perché usano metafore comuni, ma che comunque non capiamo e non riusciamo a fare nostri. Altri ancora di cui ignoriamo del tutto significato, ma che hanno delle belle immagini che ci lasciano ispirati ma un po' confusi. E alcuni che capiamo, perché in qualche modo, in quel momento della nostra vita, hanno senso anche nella nostra testa.
È la prima volta che mi capita di leggere un libro dove ce ne siano di tutti questi tipi.


"(...) Il vecchio gli picchietta col dito sul petto, alitandogli in faccia. "Combattere una battaglia perduta, questa è la vita!" dice scandendo ogni parola. "E in che cosa consistono la grandezza, l'appello di natura morale, l'imperativo etico? Glielo dico io, giovanotto: anche se tutto è privo di senso, bisogna comunque intraprendere qualcosa! Perché? Perché l'uomo deve fare quello che è in suo potere fare!" (...)

"(...)A un certo punto rinunciò a credere che il sipario si sarebbe mai alzato, pur sapendo nello stesso tempo di non poter lasciare il suo posto, perché non era del tutto da escludere la possibilità che invece, inaspettatamente, esso si aprisse. Da un pezzo aveva cessato di sperare, o di provare rabbia. Non poteva fare altro che restare lì dov'era, qualsiasi cosa accadesse o non accadesse." (...)

(Michael Ende - Lo Specchio nello Specchio)

https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTrUiRJZapY8QREVx1TN7N0DJ3YzHdvP-x2DGPy-Z-gEOXieysX

giovedì 10 aprile 2014

E una padellata di 'zzi vostri, no?

Ci saranno sempre persone che pretenderanno di dirvi come dovreste essere, e che vi faranno sentire inadeguati.
In questi casi bisogna chiedersi solo: Questa persona mi vuole bene? Mi conosce profondamente? Mi sta dando la sua opinione perché vuole farmi stare meglio? Mi critica perché il mio comportamento ferisce qualcuno o la fa sentire a disagio?
Se la risposta è sì, allora vale la pena di ascoltare e valutare.
Altrimenti, la risposta è: "Fatti i cazzi tuoi".
E, se chi critica, attacca e giudica impietoso è la botulinata showgirl o due truzzetti misogini, sentitevi libere di aggiungerci un bel "Vaffanculo".

mercoledì 22 gennaio 2014

Scrittura in Pillole - Se non riesci a scrivere... scrivi dell'altro.

http://www.grievingparent.com/wp-content/uploads/2009/12/pen_with_ink_drop.jpg Tornare a scrivere una fanfiction -quando all'attivo ho rispettivamente una trilogia "seria" conclusa e un nuovo libro "serio" iniziato- potrebbe sembrare una perdita di tempo, mentre invece non la è affatto. Si imparano tante cose scrivendo fanfiction: dallo scrivere per il puro piacere, al ricevere commenti positivi e negativi, fino al cercare di darsi delle scadenze da rispettare per pubblicare con una certa regolarità.
L'ultima lezione, in particolare, alla lunga è molto più importante di quanto si creda.
Per alcuni mesi ho inevitabilmente "abbandonato" progetti come le fanfiction per concentrarmi sul mio libro e per finire la scadenza che mi ero data: e ce l'ho fatta. Adesso però, non solo ho ripreso a lavorare su due progetti alla volta, ma ho anche ricominciato a scrivere la fanfiction, e non lo vedo affatto come tempo rubato. Perché ieri sera ho preso carta e penna, mi sono messa alla scrivania e semplicemente ho pensato: "Avanti, tira fuori un capitolo: tanto sai come si fa, ormai, no?"
E sarà per il cambio di registro, per il cambio d'aria o quello che vuoi, ma il capitolo è venuto fuori senza fare storie. Credo che sia questa la cosa importante, ovvero ricordarsi che si sa benissimo "come si fa", e che bisogna anche imparare ad attivare le macchine di bassa manovalanza e prendere l'ispirazione per la collottola, senza dover sempre stare con le mani in mano in attesa che questa si degni di arrivare.
Quando il lavoro "ufficiale" non ingrana o è ancora in elaborazione, penso che faccia davvero tanto bene riuscire comunque a scrivere di qualcos'altro. Anche perché, proprio mentre scrivevo una cosa semplice e liberatoria come la fanfiction, né è scaturito un altro effetto collaterale molto positivo: mi sono venute idee. Mentre scrivevo ff mi sono venute del tutto spontanee idee sul nuovo capitolo del libro, idee che non mi sarebbero mai venute se avessi continuato solo a fissare un foglio bianco, e non ho dovuto fare altro che annotarmele. 
Le idee vengono scrivendo, l'ispirazione viene scrivendo. Scrivere aiuta a scrivere. Sentire che stai scrivendo aiuta a scrivere meglio.