mercoledì 25 giugno 2014

Memnoch il Diavolo. O "Ma c'era davvero bisogno di Lestat? No."

Dove avevamo lasciato Lestat l'ultima volta?
A "Il ladro di corpi", annata 1992: ambientazione Miami (e successivamente l'intramontabile New Orleans) del 1990, Lestat scambia il suo corpo di vampiro con quello di un umano dotato di poteri psichici. In questa storia, quanto è importante che Lestat sia quello che è, ovvero un vampiro? Fondamentale, direi, poiché tutta la storia ruota sulla perdita della sua condizione di soprannaturale, molti dei suoi ricordi della vita umana passata, e tutto quello che ne deriva.
E ora, Memnoch. Il quinto libro che, fino a poco tempo fa, non volevo leggere.

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Lestat è a New York, insieme a David. Permettetemi di aprire una minuscola parentesi polemica e invitarvi tutti ad unirvi al comitato "scusate ma non ce ne frega niente di David Talbot". Il suo punto di vista era ciò che rendeva "Merrick" un libro noioso. Fine parentesi. 
Lestat è lì, fa cose da vampiro, vive da vampiro ed è ancora incline alle chiacchiere e ai voli pindarici che ce l'hanno fatto amare o odiare fin dal primo libro: da mesi sta pedinando la sua prossima vittima, ovvero Roger, un gangster che colleziona oggetti d'arte e che ama al di sopra di ogni cosa l'unica figlia, Dora. Lestat è letteralmente ossessionato da loro due, nella sua masochistica abitudine da vampiro che lo fa incaponire per mesi e mesi su di una vittima sola, ubriacandosi di tutte le sfaccettature che può avere un'anima interessante, prima di farsene una scorpacciata.
Nel frattempo, qualcosa non va: Lestat confessa a David di sentirsi da tempo perseguitato da qualcosa di soprannaturale.
Per riassumere, alla fine Lestat si prende la sua vittima, ma inaspettatamente Roger si manifesta sottoforma di fantasma per parlare con lui e -in un lungo capitolo in cui ancora una volta un personaggio secondario ti racconta più o meno tutta la sua vita- pregarlo di proteggere sua figlia. E Lestat lo fa: la raggiunge e si rivela a lei. Ma nel frattempo i suoi piani sono sconvolti nientemeno che dal Diavolo in persona: era la sua presenza quella che il nostro vampiro metropolitano sentiva. E il Diavolo, essendo il diavolo, gli fa un'offerta: venire con lui e sapere tutto sulla creazione, l'inferno e il paradiso, e fare una scelta.

Il libro parte piuttosto bene. Molto bene, specie per me che ero prevenuta fin dall'inizio.
Abbiamo di nuovo il nostro Lestat troppo favoloso per essere vero e troppo ben vestito per essere anche etero. Ma ci piace tanto perché nel giro di qualche capitolo lo vediamo impegnato nello "smaltimento dei rifiuti" che comprende tagliare testa e mani al cadavere della sua ultima vittima e sbarazzarsene separatamente. Gioia e tripudio! Peccato che si senta molto la mancanza dei comprimari: David c'è (l'ho già detto "a nessuno frega di David Talbot?"...), compare perfino Armand, ma la sua resta semplicemente una comparsata. Tutti quanti riappaiono in massa soltanto nel finale e con una certa confusione e noncuranza, ma è una consolazione ben magra in confronto alla quantità di personaggi che venivano presentati, mostrati, conosciuti ed usati nella trilogia originale. Cosa più triste di tutte, di libro in libro Louis sparisce sempre più all'orizzonte. Oh, dai, andiamo. Dopo averla tirata così in lungo? Dopo che la Rice è riuscita addirittura a canonizzare la sua coppia d'oro e a farmela pure piacere? Sono un po' delusa, lo ammetto.

Il brutto è che in realtà Lestat non c'è. Apre solo le danze e, una volta arrivato Memnoch, lui non è lì, non serve, fa l'effetto di Jack Sparrow catapultato dentro l'ennesimo sequel, e pare anche un po' imbarazzato per essere stato preso in causa.
Il punto è che la storia della creazione e della religione raccontata da Memnoch ha il suo fascino, ma non ha niente a che fare con le Vampire Chronicles. Lestat non c'entra un bel niente in tutto ciò, tanto che al pari del lettore se ne starà zitto ad ascoltare per metà del libro. Non importa neppure che lui sia un vampiro, non importa che sia se stesso, ed è questa la cosa più triste. Potrebbe essere Harry Potter come D'Artagnan, e la storia non cambierebbe.
In verità trovo che Memnoch avrebbe potuto essere un racconto, o un libro a sè stante.
Il libro si smorza durante il racconto della vita di Roger, e in alcuni punti del racconto della vita di Memnoch: tuttavia la teoria della creazione e il modo in cui viene narrata è bello e interessante. Avrebbe potuto essere ambientato dovunque, le cose sarebbero potute accadere ad un uomo: anzi, forse l'intera storia avrebbe avuto tutto un altro spessore se pensata come una rivelazione per un uomo comune, invece che una delle tante avventure di un protagonista di una saga già rodata.
La storia di Roger: poteva essere un assassinio accidentale, oppure un regolamento di conti. Non era necessario che il protagonista fosse un vampiro, per ucciderlo. Il fantasma torna a raccontare la sua storia, il protagonista si lega a sua figlia e poi viene contattato dal diavolo. Avrebbe funzionato.
Il protagonista poteva non essere Lestat, e forse sarebbe stato meglio. La cosa tristissima è che qui i vampiri non c'entrano niente. La sensazione che mi ha dato è stata che la Rice a quel punto non volesse più scrivere di vampiri, ma che abbia usato il suo vampiro come biglietto da visita sicuro piuttosto che avere il coraggio di lanciare un'ambientazione tutta nuova.

Purtroppo la sensazione di assurdo si concentra verso il finale quando, al ritorno di Lestat nel mondo reale, mortali ed immortali vengono presi da un accesso di crescente follia religiosa dovuta all'apparizione di una certa reliquia che Lestat ha portato con sè dal suo viaggio. Se la cosa magari è giustificabile per i pochi che sanno con certezza, dalla bocca di Lestat, che quella reliquia è autentica, non la è invece per la moltitudine di umani che cadono in adorazione solo perché di lì a poco uno dei personaggi scende in strada sventolando suddetta reliquia. Quante persone comuni riconoscerebbero a colpo d'occhio una reliquia della Vera Croce o la Sindone? Ma soprattutto a riconoscerla come originale?
Nel finale è ancora più accentuato quanto i vampiri siano in realtà degli ospiti in questa storia: così come il libro si dilunga a volte troppo sul resto, invece va di fretta sul finale. Dopotutto, i suoi stessi vampiri non contano, perciò gli avvenimenti dei capitoli finali sono ridotti all'osso. Perfino lo stile di scrittura diventa ridotto e schematico in modo perfino fastidioso, riassumendo in poche battute striminzite apparizioni invece importanti.
 
Oh, ATTENZIONE: SPOILER e temi scabrosi.
Ma, dopo una buona trama e una narrazione interessante, viene il premio per la caduta di stile per la scena forse più disgustosa mai concepita in un libro di vampiri: ovvero, sesso orale con mestruazioni.
E non importa se la si riveste di significati simbolici, come la fonte della vita o il sangue estratto senza bisogno di infliggere ferite. Diciamocelo: il concetto del morso vampiresco è già di per sé poetico, erotico e pieno di qualunque significato gli si voglia dare. Un cunnilingus non è simbolico per niente. Ho letto perfino commenti di lettori che magnificavano quel sublime gesto di "bere alla fonte della vita"... Proviamo a guardare le cose da un'altra angolazione? Proviamo a scambiare i ruoli? Cosa ne direste di una scena in cui è una donna a recuperare la ragione praticando del sesso orale ad un uomo? È grottesco e fa ridere: appunto.

Ci sono momenti, per uno scrittore, in cui vieni fulminato da un'idea, ma il problema è che non sei assolutamente in grado di giudicare se sia geniale o se sia una cagata. Resta lì, in bilico. È originale, non è ancora inflazionata, ma il dubbio ti rimane.
Ci vuole la prova definitiva: ci vuole il parere dell'editor.
Scott Westerfeld -autore della trilogia di Leviathan- telefonò al suo editor e gli disse: "Sto pensando di usare pipistrelli che cagano chiodi come arma volante di distruzione di massa, per te è geniale o è una cagata?"
L'editor aveva la cena sul fuoco e, tanto per tagliar corto, disse: "Geniale!"
Laurell K. Hamilton -autrice della serie di Anita Blake- chiamò il suo editor per dirgli: "Ho avuto un'idea fantastica, te lo assicuro: cigni mannari! Trovi che sia geniale o una cagata?"
L'editor rispose: "Cagata". La Hamilton licenziò l'editor.
Con tutto il bene immenso che le voglio, la signora Rice probabilmente telefonò al proprio editor per chiedere: "Ho pensato di inserire una scena di sesso orale con mestruazioni, secondo te è geniale o una cagata?"
Sfortunatamente, quel giorno l'editor non era in casa.